«Armageddon In The Park 2011»
30.07.2011
Nome dell'Evento:
Armageddon In The Park 2011
Band:
Vader
Gama Bomb
Natron
Fingernails
Endless Pain
The Juliet Massacre
Trodden Shame
Luogo dell'Evento:
Parco Comunale
Città:
San Giacomo degli Schiavoni (CB)
Promoter:
Associazione Culturale AITP
Autore:
Heavygabry»
Visualizzazioni:
3388
Live Report
L'attesa per l'ottava edizione dell'Armageddon In The Park era tanta, così come la preoccupazione per la sicurezza del suo svolgimento senza ostacoli: i temporali dei giorni precedenti avevano infatti riportato alla mente i problemi che solo un anno prima avevano influenzato l'intera organizzazione, spostando di molto l'orario di apertura dei cancelli al pubblico e relegando i Death Mechanism ad un misero quarto d'ora di esibizione nel bel mezzo del set dei Bulldozer. Contrariamente ad ogni ipotesi nefasta quest'anno invece il sole splende su San Giacomo Degli Schiavoni, senza lasciar alcun dubbio sul rispetto degli orari prestabiliti per l'esibizione delle band e anzi dandomi ottime aspettative sull'intera giornata che di lì a poco sarebbe cominciata nel parco. La crescita della manifestazione negli anni è stata a dir poco sorprendente, prima grazie alla presenza di ospiti italiani di tutto rispetto (basti pensare agli Hour Of Penance, agli inossidabili Necrodeath o alla sorpresa Bulldozer l'anno scorso) fino ad arrivare ad oggi, con un bill che annoverava ben due band straniere di un certo livello e che anche scendendo nel running order mostrava ben pochi punti deboli. Dietro a tante ottime premesse però c'è anche da considerare l'immancabile rovescio della medaglia, e per capire di cosa sto parlando è il caso di entrare nei dettagli. Già all'arrivo all'entrata della manifestazione si capiva che qualcosa non andava: rispetto alla piccola folla che attendeva l'ingresso l'anno scorso, stavolta ben poche persone si erano radunate per entrare subito e supportare anche le band emergenti, ma fin qui forse il fatto in sé non era così grave. Al momento dell'entrata nel parco è d'obbligo la perlustrazione tra gli stand presenti per accaparrarsi qualche rarità in vinile per i nostalgici come il sottoscritto, o anche semplicemente per curiosare in attesa che i Trodden Shame salgano sul palco. Come un anno fa infatti anche stavolta spetta al combo molisano il compito di aprire la manifestazione, con il loro corposo mix di metal ed harcore per un set che mi è sembrato insolitamente lungo (perlomeno in relazione a chi li ha seguiti). La grinta a questi ragazzi non manca assolutamente e la presenza scenica è assicurata da un indemoniato Vito Maiorano, che oltre a fare il suo dovere di cantante salta da una parte all'altra del palco senza un attimo di tregua. L'impressione avuta rispetto alla scorsa occasione è decisamente migliore, anche se il genere non rientra tra le mie preferenze: i pezzi sono compatti e perfettamente "in your face", anche se alla lunga rischiano di assomigliarsi l'un l'altro e in più di un'occasione sono degli accorgimenti ad opera della chitarra solista che danno un tocco di particolarità. Il pubblico è ancora freddo e sparpagliato, ma gli applausi non mancano e i Trodden Shame quindi chiudono con dignità un'esibizione con l'ingrato compito di opener.
Si cambia registro con i The Juliet Massacre, ma non tanto per quanto riguarda il genere, quanto piuttosto per tutto il contorno. La band infatti resta sempre nei canoni dei filoni di recentissima esplorazione del metal, nel loro caso il deathcore, presentandosi addirittura con una formazione di sei elementi (due cantanti, due chitarristi, basso e batteria). Come ho già anticipato, la loro esibizione mi è sembrata scorrere più velocemente rispetto alla precedente, forse perché era pressoché priva di spunti interessanti. Al di là dell'astio personale verso il genere, non credo di essere l'unico ad averla pensata così, vista la reazione quasi nulla dei presenti e la visibile irritazione dei frontman, che non riuscivano a creare coinvolgimento, nonostante abbiano incitato più volte il pubblico ad un circle pit o almeno ad un minimo di pogo. Fin qui la situazione sonora si mantiene sufficiente, nonostante entrambi i gruppi soffrano di problemi ai microfoni, per fortuna risolti poco dopo. Lo show dei The Juliet Massacre risulta comunque la vera nota stonata all'interno del festival e termina quindi senza troppi rimpianti.
Le cose cominciano a migliorare (in tutti i sensi) quando sul palco arrivano i bresciani Endless Pain, fautori di un thrash/death in cui non mancano gli spunti tecnici ad arricchire una proposta già interessante. La band punta molto di più sulla precisione esecutiva che sulla presenza scenica (tranne il momento in cui il cantante si arrampica su una delle colonne del palco!), ma il pubblico (ormai un po' più radunato sotto le transenne) mostra comunque di apprezzare e addirittura sulle note della conclusiva "Dead End Nightmare" (tratta dal loro ultimo album e che vede la partecipazione alla voce di Trevor, frontman dei Sadist) parte il primo pogo vero e proprio della giornata. Forse una manifestazione di apprezzamento addirittura migliore degli applausi.
Stanno ormai calando le tenebre sul palco ed è arrivato il momento della prima vera chicca della giornata, cioè i romani Fingernails. Il nome forse è poco noto ai giovanissimi, ma l'ensemble romano rappresenta una piccola gemma della scena heavy nazionale, e all'Armageddon In The Park non ha perso occasione per dimostrare di non aver perso nulla del proprio smalto. La partenza è affidata a "Just Like You Want" ed è subito delirio sotto il palco, una fortissima partecipazione che caratterizzerà quasi tutta la loro esibizione. Passando per classici chiesti a gran voce dal pubblico come "Crazy For Blow Jobs" e pezzi più recenti come "Destroy Western World", i quaranta minuti affidati ai Fingernails si possono definire un trionfo, anche a livello scenico con un Maurizio Pivoli sempre più nudo durante lo spettacolo! La grinta dei romani è intatta e il loro show (chiuso – abbastanza prevedibilmente – con un'apprezzatissima "Heavy Metal Forces") si può definirire sicuramente come uno dei migliori della giornata.
Setlist:
Just Like You Want
Suicide Generation
Born To Lose
Crazy For Blow Jobs
Destroy Western World
Kill The Rich
Total Destruction
(pezzo che non ho riconosciuto)
Heavy Metal Forces
Cambio di palco, cambio totale di genere. Era tempo che volevo ammirare i baresi Natron dal vivo, vera colonna portante del death metal made in Italy, e per un motivo o per un altro non ci ero mai riuscito. Qui la situazione rispetto ai Fingernails è ribaltata: i suoni sono ottimi (anche se i capitolini volutamente non ricercano la pulizia sonora, c'è stato qualche difetto), ma il pubblico sotto il palco è diminuito, fiaccato dal pogo continuo di poco prima. A proposito di pubblico: ormai i presenti sono meglio radunati nell'area del palco e a prima vista si può constatare che la folla non è numericamente superiore a quella della scorsa edizione, anzi probabilmente c'è stato un leggero calo. Ad ogni modo i Natron suonano con grande professionalità senza lamentarsi dei piccoli vuoti davanti a loro, sfoggiando una precisione a dir poco impressionante (e quindi un'ottima resa). I brani proposti sono presi soprattutto dall'ultimo "Rot Among Us", come "Heads Are Rolling" o la stessa terremotante titletrack, ma c'è anche spazio per tornare molto indietro con "Morgue Feast", passando per la classica "House Of Festering" e chiudendo con un piccolo omaggio ai Terrorizer, la cover di "Dead Shall Rise". Applausi meritati per loro e una speranza di vederli più spesso sul suolo nazionale.
Giunge pochissimo dopo un momento per la storia dell'Armageddon In The Park che definire una pietra miliare forse non è esagerato, e cioè il primo gruppo straniero di rilevo pronto a calcare il palco, i Gama Bomb, alfieri irlandesi della new wave of thrash metal. Il loro spettacolo purtroppo però riesce solo a metà: a livello strettamente esecutivo certamente bastano le note di una "Zombie Blood Nightmare" a scatenare il pubblico sotto le transenne, districandosi tra i pezzi più conosciuti dei loro album come "Hammer Slammer" o "Thrashaholic" e quelli più particolari come "In The Court Of General Zod" o "Bullet Belt" (una delle mie preferite!), ma le imperfezioni non mancano: innanzitutto una chitarra solista alzata fino all'eccesso (ma almeno senza sbavature) e poi, soprattutto, la resa degli acuti affidati al bassista che è fin troppo diversa da quello che si riesce a sentire su disco. Per dovere di cronaca dovrei riportare anche un episodio di idiozia degno dell'Italietta che dimostriamo di essere quando si mette in mezzo la politica, ma mi permetto di sorvolare, tanto più che è durato proprio un attimo e l'esibizione dei Gama Bomb è continuata senza problemi. Una piccola tirata d'orecchie anche per loro per aver sottolineato troppo le questioni politiche, ma soprattutto a chi ha voluto stupidamente controbattere. E soprattutto, tornando alla musica, un invito a loro a non esagerare con l'uso degli effetti in studio per non far rimanere con l'amaro in bocca i fan al momento del test più duro, cioè quello del palco.
Setlist:
Zombie Blood Nightmare
Slam Anthem
New Eliminators Of Atlantis BC
Three Witches
In The Court Of General Zod
Hammer Slammer
OCP
We Respect You
Evil Voices
Thrashaholic
Hell Trucker
Mussolini Mosh
Last Ninjas Unite
Bullet Belt
Zombie Brew
Scatta la mezzanotte e l'apocalittica Marcia Imperiale di Guerre Stellari introduce sul palco gli attesissimi headliner, i polacchi Vader. Su di loro si potrebbe discutere all'infinito riguardo alla portata storica, che probabilmente si direbbe essere ben poca, ma di fronte a una coerenza incrollabile come la loro perché ci dovremmo perdere in questo tipo di banalità? Impossibile non riconoscergli un posto di diritto nell'Olimpo del death metal, impossibile mancare ad un appuntamento del genere al sud (o almeno così pensavo prima di riflettere a mente lucida sul festival). L'inizio fà ben sperare: niente meno che "This Is The War" e "Sothis" per scaldare nuovamente un pubblico che per la seconda volta è stato fiaccato dal pogo, stavolta quello dei Gama Bomb. I suoni però, che sembravano finalmente essersi stabilizzati, tornano ad essere altalenanti e questo pesa molto sulla resa dei primi pezzi, salvo poi tornare su livelli migliori. La scelta dei brani è abbastanza sbilanciata verso le ultime produzioni della band, anche se non manca ad esempio una "Dark Age" tratta dal loro debutto, suonata tra l'altro subito dopo l'immancabile anticipazione dal prossimo album in uscita, cioè "Come And See My Sacrifice", ormai in giro nella rete da un po' e quindi non una sorpresa per il pubblico. Passato e presente insomma, una continuità senza salti nel vuoto a livello stilistico che funziona da ormai quasi due decenni considerando la loro prima uscita ufficiale e quindi non ha motivo di essere modificata. Il singer Piotr Wiwczarek, ormai unico membro originale della band, intrattiene il pubblico tra un pezzo e l'altro accennando anche qualche parola in italiano e ci tiene a presentare la band (non a torto, visto che si tratta di entrate recentissime), tutti musicisti di primo livello e provenienti da band più o meno conosciute. Il loro set scorre senza problemi di sorta (se non appunto i suoni all'inizio), una cosa certa però è che avrei preferito sentire in chiusura (come di sicuro molti altri) qualche grande classico come "Xeper" o una più particolare "When The Sun Drowns In Dark" invece di ben due cover come bis, cioè "Black Sabbath" e "Raining Blood", su cui credo sia inutile dilungarsi nel dettaglio. Inoltre il loro show inoltre è risultato essere abbastanza corto, poco dopo l'una la band già era scesa dal palco e la manifestazione poteva quindi dirsi conclusa. La durata è il difetto che meno gli si può perdonare rispetto al resto, ma dopo un'ora così intensa si può chiudere un occhio anche su questo.
Setlist:
This Is The War
Sothis
(pezzo che non ho riconosciuto)
Devilizer
Rise Of The Undead
Black To The Blind
ShadowFear
Come And See My Sacrifice
Dark Age
Impure
Wings
Black Sabbath (Black Sabbath cover)
Raining Blood (Slayer cover)
Considerazioni finali: la musica è ovviamente il perno principale della manifestazione, ma anche gli aspetti di contorno creano un pubblico affezionato, come gli ormai celebri arrosticini e birra non annacquata a prezzi onesti, il rapporto prezzo del biglietto/importanza delle band o ancora una security gentile e disponibile. I grandi assenti sono stati invece i principali interessati stavolta, i metallari, che nonostante tutto l'impegno profuso nella creazione di un evento sempre più solido mettono così a rischio il futuro di una manifestazione che finora era andata sempre in crescendo e non meritava di ricevere proprio ora una pugnalata alle spalle. Possiamo solo sperare in bene per l'anno prossimo e fare tutti quanti i complimenti all'organizzazione dell'Armageddon In The Park per la perseveranza, che senza una passione immortale verso il metal non si potrebbe spiegare.
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Recensione di Heavygabry Articolo letto 3388 volte.
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