«Wacken Open Air 2022»

Data dell'Evento:
06.08.2022

 

Nome dell'Evento:
Wacken Open Air 2022

 

Band:
AA.VV.

 

Luogo dell'Evento:
Wacken Open Air

 

Città:
Wacken Open Air

 

Autore:
Demone»

 

Visualizzazioni:
1204

 

Live Report

[MetalWave.it] Immagini Live Report: Nessuna Descrizione Come ogni anno eccoci qua a festeggiare l’heavy metal nel festival che ormai è sinonimo di heavy metal in tutte le sue forme. L’attesa per questa edizione era alle stelle, poiché è la prima dopo la pandemia e segna un po’ il ritorno alla vita normale come ce la ricordavamo prima del 2020.
Sul festival inoltre pesano alcune scelte discutibili come quella di spostare gli Avantasia (uno degli headliner) al mercoledì, inserendo una giornata speciale il cui accesso, comunque limitato, andava acquistato a parte con un separato biglietto, a ciò si aggiunge l’annuncio a pochissimi giorni dall’evento che il festival sarebbe stato CASH FREE e pertanto non sarebbe stato possibile pagare con contanti, ma solo tramite un chip.
Arrivato in zona, mi ritrovo spaesato poiché le aree hanno subito significative trasformazioni, aumentando in generale la superficie sia dell’area concerti che quella dell’area campeggio, cancellando di fatto il famoso beer garden sostituito con zone attrezzate all’interno dell’area concerti. Il tendone del Bullhead Circus non sarà montato e i due stage resteranno scoperti.
Campeggiando inoltre ho potuto notare un taglio significativo ai bagni e alle docce che quest’anno per la prima volta ho trovato insufficienti.
L’organizzazione del festival come al solito è teutonica, puntuale, precisa al millimetro e lo sforzo per far rimettere in moto la macchina nel migliore dei modi si percepisce da ogni angolo.
Arrivato nella tarda giornata del martedì dopo un viaggio funestato da inconvenienti, tra cui uno sciopero del personale ferroviario (mai visto in Germania) raggiungo la mia compagnia, pianto la tenda e schianto direttamente a letto.

MERCOLEDI’ 3 AGOSTO
La giornata di mercoledì comincia prestissimo dato il solleone trasforma la tenda in un forno e quindi il campeggio si sveglia quasi contemporaneamente. I concerti in programma non sono molti e la mia attenzione è puntata su Michael Monroe.

Divide, tedeschi fautori di un discreto metal estremo, insieme ai successivi Cadaver fanno un inizio festival interessante.

Si inganna l’attesa con i Loudness che ci deliziano con un concerto infarcito dei loro classici che sono sempre piacevoli e fanno parte ormai della storia della nostra amata musica. Concerto piacevole e malinconico. L’età avanza e questo sarà un leit motiv di tutto il festival.

E’ il momento di Michael Monroe, per me l’apice del festival, essendo oggettivamente di parte, ma anche freddo e distaccato, riesco a percepire un picco emotivo, uno dei suoi spettacoli potenti, fisici, ruvidi, veri. Il biondo finlandese crea subito un'atmosfera positiva anche con i pezzi più recenti che forniscono un inizio perfetto per un grande spettacolo rock'n'roll. In piedi, saltando, seduto o calciando una palla Wacken, Monroe è un ragazzo ad alta energia che è sempre in movimento e vive lo spirito del rock. Supportato dalla sua grande band, questo spettacolo è un grande momento il primo giorno.
Meno scattanti e con una forte dose di disco anni '80 sono i The Night Flight Orchestra che danno il via al loro set. La band porta glitter e glamour a Wacken, oltre a una solida porzione di buone vibrazioni. Il pubblico è rapito sin dalla prima canzone. I The Night Flight Orchestra hanno creato un'atmosfera fantastica fuori dal tempo regalando un concerto di puro divertimento e gioia.
Sgommata veloce a vedere gli Avantasia, headliner della giornata. La band è di casa da molti anni, il livello è stellare e, anche se la magia del primo album non è stata mai più ripetuta dal vivo, è sempre un piacere vederli. Concertone, prestazioni singole eccelse, carrellata di ospiti stellari ecc. ecc. ma la palma d’oro del festival l’ha già vinta il biondo finlandese il primo giorno. Ora si va a festeggiare in giro per il campeggio. A domani miei prodi!

GIOVEDI 4 AGOSTO
Dopo la prima notte di bagordi ci si sente sempre in forma fino a quando non si arriva all’area concerti, lì ci assale sempre l’amletico dubbio: birra o concerto? Concerto o birra? Consultando gli orari, le congiunzioni astrali, il traffico pedonale su Iron Maiden Boulevard (non ridete che a Wacken esiste sul serio) ce la posso fare… Il risultato è quello di non farcela MAI all’orario sperato.

Si comincia quindi la giornata nel pomeriggio con i Bai Bang, storica e stoica band svedese di Helsingborg di AOR/Hard Rock che desideravo vedere da lungo tempo. Lo stage non è affollato e mi posso godere lo show da vicino con sommo gaudio. La band non è riuscita a sfondare e a entrare nell’olimpo del rock ma si è costruita un seguito di fedelissimi che li supportano cantando e godendosi il concerto. Ottimo inizio di giornata che mi mette di buon umore con lacrimuccia su Only the Best Die Young.

Il buon umore dura poco, giusto fino al concerto dei Grave Digger che si presentavano in pompa magna, accompagnati dall’orchestra, per celebrare il loro quarantesimo anniversario. Il risultato è stato un concerto triste, bolso. con un cantante di supporto ad un sempre più svociato Bolthendal. Nonostante la simpatia che provo per i tedeschi. questa volta nulla li salva da una prestazione anonima, nonostante le belle canzoni e i piccoli classici a disposizione. L’età avanza e si sente, sarà il caso di ritirarsi? Questa domanda sarà anche il leit motiv di altri concerti. L’heavy metal sta invecchiando male ed è un’amara considerazione.

Cerco conforto nel concerto dei Rose Tattoo ma non riesco a trovarlo, o almeno, non del tutto. La band attacca con un poderoso “HOLY GROUND!” per salutare il pubblico ma, nonostante il suono caldo, Angry Andersen è a tratti svociato e la band manca di coesione e convinzione, sicurezza che verrà però guadagnata durante lo show, ma un feeling di piena soddisfazione non mi raggiunge, se non in rare occasioni. Ecco un’altra prestazione che mi rimanda alle considerazioni dei precedenti Grave Digger.

OK, passiamo al prossimo “vecchio”: è il momento di UDO, o meglio dei Dirkschneider. Oscar alla carriera. Il vegliardo gioca in casa e ha il pubblico in visibilio sin dalla prima nota. Anche se ormai è il clone di quel nostro vecchio zio basso con la panza e il catenone, sforna uno show di mestiere. Cover band degli Accept? Sempre la stessa solfa? Sì ma funziona. E’ come la pasta al forno della nonna. Come resistere a Princess of the Dawn, Up to the Limit, Metal Heart, Fast as a Shark e Balls to the Walls? Certo, gli anni passano per tutti ma almeno significano qualcosa.

Corsa veloce a vedere i Pestilence dall’altra parte del festival che hanno proposto una setlist dedicata a Testimony of the Ancients. Quello che abbiamo visto è un Mameli concentratissimo e una band tecnicamente immensa con il loro death metal tecnicissimo e implacabile. La gente poga furiosamente e si solleva un polverone che rende l’aria irrespirabile. Ottimo momento.

Senza sosta si torna ancora una volta all’opposto per vedere gli Overkill. Ritengo superfluo introdurli a voi lettori, in quanto, come si dice nel gergo legale, devono essere per forza noti all’ufficio. La band è sempre una sicurezza. Tuttavia, li ho visti in forma migliore. Il concerto sarà comunque potente e si apre con Wrecking Crew, alternando pezzi più recenti ai grandi classici. Personalmente ho adorato Bring me the Night, Ironbound e Welcome to the Garden State. La tradizionale "Fuck You" in chiusura saluta tutti e augura un buon prosieguo di festival. Grandi.

A sorpresa da un piccolo palco fra i due principali stage escono fuori i Guardians of Asgard che altri non erano che gli Amon Amarth sotto falso nome che suoneranno per promuovere il nuovo disco. Una gradita sorpresa.

E’ il momento Clou della giornata perché tocca ai Mercyful Fate. Lo stage è affollatissimo, ma riesco a trovare un posticino molto comodo abbastanza avanti per godermi lo spettacolo del combo danese. L’ultima volta che ho visto i Mercyful Fate fu proprio qui in terra consacrata ma correva l’anno 1999. Mi è capitato di assistere alle ultime prove dal vivo di King Diamond e le ho trovate di buon livello, pertanto le aspettative per questo ritorno sono abbastanza alte. Entrata manieristica, il vecchio King si presenta con una tunica rossa ed una maschera a testa di caprone e parte The Oath. Il suo caratteristico falsetto è agile e deciso, privo di sbavature. L’assalto sonoro è compatto, la band è rodata e precisa. Gli stacchi sono precisi, così come gli assoli, chiari e puliti. La produzione ha tirato fuori i migliori suoni del festival in occasione di questo concerto. Canzoni come Melissa sono classici senza tempo che hanno influenzato generazioni di band e anche di musicisti (conosco persone che han chiamato la loro figlia Melissa). Da un punto di vista visivo, la scenografia è imponente, con un podio rialzato per la batteria, due scale laterali ed una grande croce rovesciata sospesa a mezz’aria. King Diamond è il mattatore della serata per un concerto memorabile.

Sovrapposizione parziale dello show fra GWAR e Judas Priest, il sottoscritto non ha dubbi su cosa scegliere. La band americana è oltremodo difficile da vedere nei nostri lidi e quindi come farsi sfuggire la ghiotta occasione? I nostri scumdogs of the universe presentano il loro show pieno di costumi alieni, sangue splatter, motoseghe, mutilazioni e chi più ne ha più ne metta. La band, ormai orfana di Dave Brockie, sembra riuscire ad andare avanti lo stesso nonostante le difficoltà della perdita, sommate a quelle dell’ultimo periodo. Dal vivo sono esecutivamente perfetti, si comincia con una Let us Slay ,bordata thrash estratta dal loro Lust in Space. Le coordinate stilistiche sono ferme al 1992 , un thrash con qualche venatura hardcore che non lascia respiro. Appena terminata la prima canzone, entra in scena un pupazzo con le sembianze del presidente Biden che comincia un discorso ma non fa in tempo a terminarlo e viene prontamente decapitato da Blothar sull’incipit di Sick of You. Sangue sulle prime file. Tutto il concerto si svolgerà ripetendo questo copione. Come un musical, un cabaret alla Alice Cooper. Esecutivamente la band è perfetta nonostante gli ingombranti costumi, non si percepiscono imprecisioni. Vengono snocciolati brani assurdi e demenziali come Saddam Go Go, Bring back the bomb e Fuck this place. C’è tempo per una conclusiva If you want blood degli AC/DC. Medaglia di bronzo del festival.

Onore delle armi, dopo il concerto dei Gwar ed aver ascoltato l’ultimo spezzone di quello dei Judas Priest decido di averne abbastanza per oggi e di dedicarmi all’arte del Beergarden.

VENERDI’5 AGOSTO
Dopo la seconda notte di bagordi si ripete il simpatico copione del giovedì: ci si sente sempre in forma fino a quando non si arriva all’area concerti e lì ci assale sempre l’amletico dubbio: birra o concerto? Concerto o birra? Consultando gli orari… Le congiunzioni astrali…. Il traffico pedonale su Metallica Avenue (non ridete che a Wacken esiste sul serio) ce la posso fare… Il risultato è quello di non farcela MAI all’orario sperato.

E quindi aprono le danze le CRYPTA. Band della simpatica Fernanda Lira che, dopo aver abbandonato le Nervosa, si cimenta in questa nuova avventura. Band derivativa con un thrash death furioso e monolitico, ma che alla lunga annoia proprio per la monotonia.

Si passa poi ad una giovane band che aspettavo al varco della prova live, loro sono i Lost Society, giovane band finlandese fautrice di un thrash con venature di metalcore. Lo show parte a mille con 112 e i nostri sembrano ben esaltati di essere presenti in un festival così importante. Si percepisce un po’ di nervosismo, ma nel complesso lo show scivola che è un piacere. Le parti ritmiche son ben eseguite e la band sembra molto affiatata. Un bel concerto!!!

Si corre a vedere i Freedom Call per i quali ammetto di nutrire un amore ingiustificato. Il nostro Chris Bay ha imbroccato una giornata no, ma il pubblico sembra non accorgersene e si diverte e canta. La band negli anni ha saputo costruirsi un seguito leale e devoto e questo spettacolo ne è la prova. L’importante è abbracciarsi, saltellare e cantare in coro i ritornelli ultra-melodici. Dove non ci arriva lui ci arriva il pubblico. Un altro bel concerto!!!

È il turno dei Clutch , un’altra di quelle band che non deludono mai. E infatti così è. Concerto da manuale. Veloce diretto, senza fronzoli, rocknroll sguaiato e urlato dal vocione di Neil Fallon ci allieta per quasi un’ora nella quale trova posto anche una cover assolutamente non scontata di Lord of this world dei Black Sabbath. La band se la cava alla grande sia sui momenti riflessivi e suonati sia su quelli più veloci, tanto che durante X Ray Visions scoppia un autentico putiferio. Grandi!!!

Si corre a vedere un’altra band che mi mancava all’appello, sì ammetto di non aver mai visto, ahimè, i Therapy. Ma oggi finalmente ho rimediato. Piccole soddisfazioni. Presenti su MTV negli anni Novanta con il nuovo millennio sono spariti praticamente dai circuiti major, ma sono rimasti attivi portando avanti il loro credo del rock. Un’esibizione sincera, dove la felicità della band di potersi esibire su un palco così prestigioso era papabile. L’effetto finale è stato fantastico, i nostri sono riusciti a tramettere la passione per la musica e esserci ancora nonostante tutti.

Si comincia a premere l’acceleratore ed è il momento degli At The Gates una band che non ha bisogno di presentazioni. Blinded by Fear, Slaugther of the soul, Under a serprent, Suicide nation sun sono estratti di una scaletta che fa venire la bava ad ogni death metaller che si rispetti. E allora dove sta la fregatura? Nella voce. Leggermente sottotono per gli standard di una grande band, ma gli anni passano per tutti.

Uno degli headliner della giornata: Hypocrisy. Una band che a Wacken è di casa e che qui registrò nel 1998 il celebre live Hypocrisy destroys Wacken. 24 anni e diversi concerti dopo, la scena si ripete. Hypocrisy destroys Wacken again. Gli anni sembrano non passare per questi svedesi pilastri del death metal perché ci confezionano l’esibizione, a mio giudizio, medaglia d’argento dell’intero festival. UnTägtgren in stato di grazia che non smette di fare headbanging e ululare come un forsennato con la sua voce a tratti acida a tratti growl. La band è compatta, una macchina da live perfettamente rodata, il pubblico risponde e l’esibizione scivola via che è un piacere. Se dovessi trovare un difetto a questo concerto sarebbe che un’ora è stata troppo poca, ma l’intensità non ha subito cali. Inevitabili grosse esclusioni data la lunga carriera dei nostri. Grandissimi.

Momento di gloria per noi italiani, infatti è il turno dei romani Sick n Beautiful, che si esibiscono al Wasteland Stage. L’esibizione dei nostri è funestata da non meglio identificati problemi tecnici e quindi comincia con un po’ di ritardo, peccato vederli con ancora il sole, poiché la teatralità dei nostri si esprime al meglio di notte, sotto le luci dei riflettori di un piccolo club. Problemi tecnici affliggono i nostri che comunque confezionano uno show di tutto rispetto e consono al palco dove si esibiscono. Bravi.

Un attimo di riposo e poi tutti pronti per assistere ad un altro concerto stellare, quello dei portoghesi Moonspell. Ennesima conferma live di una band che ha fatto della raffinatezza, della ricerca, della sperimentazione il proprio credo. Lusitani confezionano uno show elegante e emozionante come solo loro sanno fare. Scaletta bilanciata fra classici e pezzi nuovi che risultano altamente coinvolgenti e apprezzati dalla platea. La voce baritonale di Fernando Ribeiro ci culla e ci traghetta, almeno per un po’, in una dimensione onirica, lontana dalle infamie e dalle bassezze del mondo. Finale esplosivo con la doppietta Alma Mater/ Full Moon Madness culminata con effetti pirotecnici. Fantastici.

Ultima fatica della giornata, almeno per me, e ultimo concerto dello stage Faster, sono i The Halo Effect, side project con membri storici di In Flames e Dark Tranquillity, il cui album di debutto dovrà essere pubblicato nei seguenti il festival. Essendo coinvolto Jesper Strömblad, le mie aspettative sono altissime, ammirando profondamente il suo talento, non saranno deluse. Le canzoni si presentano compatte, melodiche, per quanto melodico possa mai essere lo swedish death metal. Michael Stanne è felicissimo di essere sul palco con i The Halo Effect e, essendo un beniamino del pubblico, sarà molto comunicativo tutta la serata. Il concerto è un compendio, una summa, di quello swedish death metal dei primi anni Novanta che tanto ci piacque. Il concerto termina e la voglia di vederli ancora è forte. Un altro centro

Onore delle armi, dopo il concerto dei The Halo Effect è tempo di dedicarmi all’arte del Beergarden.

SABATO 6 AGOSTO
Dopo la terza notte di bagordi si ripete il simpatico copione del venerdì: ci si sente devastati, e prima di arrivare all’area concerti ci vuole una birra propiziatoria e l’amletico dubbio trova risposta: birra o concerto? Concerto o birra? Questa volta è BIRRA. Consultando gli orari… Le congiunzioni astrali…. Il traffico pedonale su Faster Harder Louder Lane (non ridete che a Wacken esiste sul serio) non ce la posso fare… Il risultato è un pit stop lungo complice anche una giornata, per me, la meno interessante dell’intera manifestazione dal punto di vista concertistico. Comincia così l’ultimo giorno del festival.

Gluecifer: altra band che aspettavo al varco della prova live. Purtroppo, mi spiace di averli incontrati in una giornata no, o semplicemente fuori dai loro anni migliori, perché i nostri confezionano uno show deludente, bolso e assolutamente poco coinvolgente. Peccato
A risollevare le sorti di una giornata cominciata sottotono ci pensa il canadese Danko Jones. Il suo rocknroll semplice e essenziale è una delle armi più affilate di tutto l’intero festival inutile tentare di resistere, se non battete il piedino durante le loro canzoni, siete già morti. Danko è molto comunicativo e felice di essere ancora una volta a Wacken e racconta storie e aneddoti della sua gioventù. La loquacità non stempera la prestazione, che rimane massiccia, arrabbiata e incendiaria. Un power trio nel pieno della maturità tecnica e espressiva. Finale esplosivo con la doppietta Cadillac e My little rocknroll. Alla grande!!!

Si continua con l’hard rock con accenni prog degli Spidergowd, quintetto norvegese. Il suono caldo ci avvolge e ci coinvolge cullandoci verso lidi lontani. Questa band riesce a soddisfare gli appetiti degli amanti di queste sonorità calde, facili ma non scontate, ad un primo ascolto semplici, ma che racchiudono costrutti intricati. Un piacevole intermezzo che mi ha lasciato la voglia di andarli a vedere in un piccolo club.

Avevo scherzato sul fatto che mai sarei andato a vedere un concerto dei Rectal Smegma ma alla fine ci sono andato sul serio. Cosa aspettarsi da questa band? Un caos sonoro assurdo. Concerto perfetto

Di gran carriera per vedere gli infected Rain, band moldava che si sta guadagnando una buona reputazione, quasi da the next big thing. La band è trascinata dalla carismatica Lena che ce la mette tutta per incitare il pubblico al pogo più selvaggio. Personalmente ho trovato una band valida e coesa dove il punto debole è proprio lei, ma il pubblico apprezza e si massacra senza riserve. Speriamo riescano a mantenere le promesse.

Tempo di riposo per l’ultimo concerto del festival, i Death Angel. Che dire a questi signori che attaccano con The Ultra Violence/Mistress of pain? Un grande classico del thrash metal così sparato in apertura. Il pubblico è stanco ma ugualmente ricettivo, e i nostri cinque eroi non si risparmiano, regalando una prestazione autentica, sudata, sentita e molto fisica. La stanchezza per il sottoscritto si fa veramente sentire, ma vederli suonare così è una consolazione e un invito a non desistere. Si arriva in fondo alla conclusiva Thrown to the Wolves ed il dispiacere per la fine del concerto è papabile. Ottimo modo per finire il festival.


CONSIDERAZIONI FINALI
Lentamente il Wacken sta volgendo al termine e ciò che rimane sono molte impressioni positive sotto tutti gli aspetti, soprattutto organizzativi. Il festival è ancora un raduno con un fascino particolare per il modo di vivere con gioia tutte le diverse situazioni. Le ombre a mio giudizio riguardano le performance di alcune band blasonate ma con troppi anni sul groppone e pochi veri stimoli per andare avanti che non siano le bollette. Ultima considerazione: Lo stop della pandemia pur avendo modificato le abitudini di molti non ha sostanzialmente intaccato l’atmosfera festaiola e lo spirito di amicizia e tolleranza del Wacken Open Air.
Ci si saluta quindi con un arrivederci al prossimo anno.

 

Immagini della Serata

 

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