«Gods of Metal 2009 (Primo Giorno)»
27.06.2009
Nome dell'Evento:
Gods of Metal 2009 (Primo Giorno)
Band:
Luogo dell'Evento:
Stadio Brianteo
Città:
Monza
Promoter:
Gods of Metal .
Live In Italy
Autore:
Clode»
Visualizzazioni:
3439
Live Report
Questa edizione del Gods of Metal verrà indubbiamente ricordata come quella delle stelle. Un po’ di nomi sparsi? Ronnie James Dio e i Black Sabbath, Motley Crue, Dream Theater, Tarja, Phil Anselmo ecc…ognuna di queste eminenti personalità avrebbe potuto agevolmente riempire un palasport da solo, ma in questi due giorni abbiamo avuto la possibilità di vedere loro e altri gruppi valenti esibirsi praticamente in modo ininterrotto, complice la riesumata soluzione dei due palchi affiancati.
Ma vediamo com’è andata.
THE ROCKER
I Rocker, monicker quanto mai azzeccato, cominciano a suonare quando ancora la gente sta iniziando ad entrare, quindi ho avuto modo di vedere solo parte della loro esibizione. Il gruppo mi è sembrato compatto e professionale, autore ovviamente di un rock che richiama i Motley Crue, anche se, per fortuna, il loro look è lontano da quello “cotonato” degli headliner della serata, puntando maggiormente sulla sostanza.
CLODE
EXTREMA
Reduci da alcuni show che li hanno portati in giro per i palchi di tutta Europa e con un album appena uscito, Pound for Pound, gli Estrema, gloria e vanto per ogni metallaro italiano che si rispetti, hanno portato al Gods of Metal il loro solito show devastante, condito da una massiccia dose di thrash moderno e sporadiche incursioni death, soprattutto per la cattiveria vocale dell’ormai inossidabile frontman GL. Perotti.
Peccato solo per il poco tempo a disposizione della band e per l’ora riservatagli, troppo presto per una band di così alto valore.
CLODE
LAUREN HARRIS
È la prima volta che mi capita di vedere dal vivo la giovane figlia del bassista dei Maiden, e devo ammettere che ero molto curioso di rispondere a una domanda: Lauren merita veramente di suonare al Gods ed essere così considerata al pari degli altri gruppi in scaletta? Non è stata minimanente aiutata dall’ingombrante presenza del padre e dunque possiede davvero del talento tutto suo? La risposta purtroppo, a mio parere, è negativa. Come forse un po’ tutti, segretamente, pensano, è emerso che tra Lauren e la musica e i musicisti che fanno questo genere c’è veramente un abisso. Si, la ragazza si muove bene sul palco, ed è parecchio graziosa, ma questo non basta a distogliere l’attenzione dalle sue scarse doti vocali. Peccato, perché le songs ci sono e il gruppo che l’accompagna mi è sembrato di indubbio valore.
CLODE
VOIVOD
I Franco/Canadesi Voivod, autori di un Techno-Thrash deviato, si sono resi protagonisti di un’esibizione onesta e sincera, forti soprattutto del loro nuovo album appena uscito, Infini.
Tornato al basso lo storico Blackie al posto del defezionario Jason Newsted la band ci propone estratti dall’ultimo album, ma non mancano di eseguire anche brani dalla loro discografia passata, come Nothing Face.
Un plauso speciale va al cantante Snake che si è prodigato per tutta la durata del set, andando avanti e indietro per lo stage e graffiando il microfono con le urla che lo hanno reso celebre. Non è mancato poi un momento di commozione al ricordo dello scomparso Piggy.
CLODE
BACKYARD BABIES
Devo ammettere di non essere un gran ascoltatore di Glam/Rock ma, sicuramente, so riconoscere chi è davvero capace di stare sul palco, e i Backyard Babies sono tra questi.
Ottimo il loro show con un tatuatissimo Nicke Borg alla voce e chitarra che urla nel microfono e incita gli astanti a scatenarsi al ritmo delle loro song.
Il gruppo svedese ha proposto tra le altre la ballad elettro/acustica Abandon, cantata a squarciagola dal pubblico, e la selvaggia Degenerated, tratte dell’ultimo omonimo album, ormai targato 2008.
CLODE
EPICA
Sono le 13 e 40 e il caldo è asfissiante, sotto il palco la gente comincia pian piano a dare i primi cenni di cedimento, iniziano i primi cori per incitare il gruppo a uscire. Finalmente la band fa il suo debutto, ma il caldo è troppo forte, e per chi è abituato a un sottopalco stile "sardina" questa volta ha potuto godersi un buono show... Simone Simon come al solito stupisce per la sua voce da mezzosoprano, che risalta benissimo vicino al death crudo e ruvido di Mark Jansen. Una buona performance, che ha saputo ammaliare anche chi non è troppo amante del genere, un veloce excursus nella storia della band, che ci ha regalato perle come Cry For The Moon, fino ad arrivare alla più recente Never Enough. Unica pecca i continui problemi al microfono di Simone, costretta più volte ad allontanarsi furitivamente dal palco... anche l'occhio vuole la sua parte.
KIKA
MARTY FRIEDMAN
Quasi le 15 in questo pomeriggio rovente di Giugno e lo storico chitarrista dei Megadeth, Marty Friedman, si appresta a calcare le assi del Cruefest Stage. All’arrivo, il riccioluto axeman viene accolto da un boato.
Non sapevo se sarebbe venuto con un cantante o meno, quindi ero curioso di vedere se avrebbe portato dal vivo solo i pezzi del suo progetto solista o avrebbe concesso al pubblico qualche perla tratta dalla sua ex band. In effetti lo show proposto è stato interamente suonato, e in modo impeccabile direi: Marty è un chitarrista dalla tecnica veramente sopraffina ma, per fortuna, anche dal gusto melodico molto spiccato, così tutti i ragazzi accorsi anche per lui si sono potuti godere 45 minuti di ottimi pezzi, sì strumentali, ma sicuramente mai noiosi. Formazione a quattro per lui con i bravi chitarrista e bassista di origine giapponese, che hanno avuto modo di riproporre dal vivo una versione proprio di un pezzo nipponico.
Il suo passato nei Megadeth è stato ricordato solo da un breve cenno all’assolo di Tornado of Souls: comunque, grande emozione.
CLODE
EDGUY
Con molta energia nonostante l'orario non ottimale, la band tedesca offre un buon modo per riprendersi dopo lo show tutto strumentale di Marty Friedman, e lasciarsi andare a canzoni trascinanti e a uno show caratterizzato dal carisma del frontman, Tobias Sammet, che, come sempre è il fulcro dello spettacolo. Il singer dialoga molto col pubblico e offre una buona prestazione, come tutta la band: il pubblico dei fan è soddisfatto. Il tempo non è moltissimo e scorre veloce con brani come King of fools e Lavatory love machine; ma il momento più bello resta forse la classica Vain glory opera, dall'album omonimo cui, credo, la maggior parte dei fan è particolarmente affezionata.
AISLINN
LITA FORD
Ma chi ha mai detto che il metal è un mondo tutto al maschile e che l'hard rock non è un ambiente adatto alle donne?
Lita Ford sembra averci dimostrato chiaramente il contrario, durante la prima giornata al Gods of Metal... Un’energia travolgente una musica che ti entra dentro e ti rapisce... anche se comincia ad arrivare la sera Lita coinvolge tutti e ci dimostra ancora una volta, che lei non è disposta a lasciare il posto a nessuno... Canta con tutta la sua potenza, ogni tanto prendendo pure qualche stecca, ma a lei, che torna sul palco dopo diversi anni di inattività, perdoniamo tutto. Spettacolo non perfetto e non pulitissimo, a tratti un po’ grossolano, ma forse, per una volta, possiamo passarci sopra e ringraziare questa artista che ci ha riportato indietro di quasi vent'anni.
KIKA
QUEENSRYCHE
Quando giunge il turno degli americani Queensryche, sembra che il favore del cielo sia giunto al termine. Il concerto parte bene, la band ci sa fare e, anche se non ha a disposizione l'apparato scenografico né il minutaggio degli spettacolari show dedicati ai due Operation: Mindcrime teatralmente riproposti in versione integrale, è legittimo aspettarsi buone cose. Tra canzoni tratte dall'ultimo album American soldier ( A Dead Man’s Words, ad esempio) e brani dal passato (l'atmosferica Empire su tutti), l'esibizione sembra procedere bene... almeno finchè una pioggerella fastidiosa provoca la fuga di parte del pubblico. “Not a big deal” commenta Geoff Tate, forse un po' scocciato, esortando il pubblico a resistere; spuntano ombrelli e impermeabili (mai visti tanti colori tra il pubblico di un concerto metal!) Infine, altro problema: l'intro di una delle canzoni si blocca, l'irritazione cresce, la registrazione viene fatta prontamente ripartire e la seconda volta fila tutto liscio... ma l'impressione è che qualcosa si sia spezzato. E quando il concerto finisce bruscamente, un quarto d'ora circa prima dell'orario previsto, senza nemmeno un brano dal primo, grandioso Operation: Mindcrime, siamo tutti perplessi. Torneranno? Faranno un bis? No. E resta l'amarezza per uno show che tutti avrebbero sperato offrisse qualcosa di più.
AISLINN
TESLA
Tornati nel 2004, dopo un silenzio durato dieci anni, con l’album Into the Now, e giunti davanti al pubblico del Gods of Metal per promuovere la loro ultima fatica discografica, Forever More, i Tesla si impongono come una della migliori band rimaste della scena Glam/Rock anni ‘80 al pari di Motley Crue.
Purtroppo grandemente sottovalutati, soprattutto negli anni del loro silenzio, arrivano al Brianteo con un posto in scaletta finalmente degno del rispetto che meritano.
Il cantante Keith, che col tempo ha perso un po’ di “smalto” vocale, è però rimasto un grande affabulatore, capace di attirare su di sè l’attenzione dei presenti.
Il gruppo ha proposto durante l’ora e un quarto a disposizione brani vecchi e nuovi, tra cui spiccano Modern Day Cowboy, Little Suzi, Love Song e Forever More. Un simpatico siparietto a mo di “duello di chitarre” tra Dave Rude e Frank Hannon culmina in uno dei pezzi migliori della band, Comin Atcha Live.
Da dire che, nonostante i problemi tecnici all’impianto del basso, che hanno costretto i Tesla ed interrompere lo show per qualche minuto, la band ha fatto un’ottima impressione e si è dimostrata un act veramente valido.
CLODE
HEAVEN AND HELL
Considerato il forfait di qualche giorno prima, dovuto a un mal di schiena di Tony Iommi, possiamo essere ben contenti di vedere questa sera, sul palco del Gods of Metal, quarant'anni di storia della musica. Come già due anni fa, la scenografia è piuttosto complessa; questa volta, però, non si tratta solo di celebrare la reunion tra Ronnie James Dio, Geezer Butler, Vinnie Appice e, appunto, Iommi: ora c'è da promuovere un nuovo album, The devil you know.
Così, come prevedibile, il concerto è un mix di perle dal passato e nuove proposte. La classe dei musicisti sul palco è indiscutibile, e tra un brano è l'altro c'è spazio anche per i soli di batteria e chitarra. L'inizio è già storia: Mob rules. Dio trascina e ancora una volta stupisce per le immutate doti vocali. Children of the sea è come al solito commovente, e poi Falling off the edge of the world, Die young e la splendida Heaven and hell: tutti classici che dobbiamo sentirci onorati di poter ancora ascoltare dal vivo. Mentre sullo schermo scorrono immagini e video legati alle diverse song, non mancano i brani dall'ultimo disco, come Fear, Bible black e Follow the tears, e qualche pezzo da Dehumanizer, come I. Si chiude con il bis, ed è Neon knights a lasciarci in attesa dell'ultimo gruppo della giornata, i Motley Crue. Non si può che sperare che la ritrovata concordia tra questi grandi personaggi perduti ancora, per offrirci altri show di questo tipo.
AILSINN
MOTLEY CRUE
Non sembra esserci storia, i Motley o li si ama o li si odia, nessuna via di mezzo, proprio come l’esibizione dei santi di Los Angeles.
Ho sentito diversi pareri: alcuni non sopportano la voce “a papera” di Vince Neil, altri considerano Nikki Sixx un dio sceso in terra. Dal canto mio, essendomi formato musicalmente con Dr.Feelgood e soprattutto con il dimenticato album omonimo, quello dove cantava Corabi per intenderci, non ho potuto sinceramente disdegnare lo show del gruppo Glam più famoso del pianeta.
Scaletta da paura, si parte con la mia Crue song preferita, la veloce Kickstart my Heath, per proseguire con chicche come Wild Side, Primal Screm e Same ol’ Situation, la leggendaria Girls Girls Girls e la bellissima Saints of Los Angeles estratta dell’ultimo cd.
Tra una canzone e l’altra un po’ tutta la band si è avvicendata al microfono, ad esclusione dell’ombroso Mick Mars. Tommy Lee, ad esempio, ringrazia tutti i fan accorsi per loro e ricorda come si è sempre trovato bene in Italia: evidentemente non ricorda che proprio su quel palco, meno di dieci anni fa, era stato bersagliato da bottiglie e quant’altro in occasione del concerto della sua band Methods of Mayhem.
Dopo un’esibizione come quella degli Heaven and Hell era difficile fare meglio, infatti i Motley Crue non ci sono riusciti, ma hanno dato prova di essere un gruppo rodatissimo e parecchio divertente in sede live.
Chiude la set list la ballad Home Sweet Home, che ci ricorda che è ora di tornare a casa nei nostri letti: giusto qualche ora di sonno, perché domani c’è il secondo giorno del Gods of Metal, e il bill è da paura.
CLODE
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