Death SS «Ten» (2021)
Recensione
L’ho ascoltato e riascoltato, perché sono sempre stato un fan dei Death SS, ma sono arrivato alla conclusione che “Ten”, il nuovo album, è solo un album discreto. Non brutto, non un fine carriera, ma solo discreto.
Sappiamo bene che i Death SS non sono più il gruppo horror metal da più di 20 anni ormai, e il loro posto musicale non sta più da tempo tra gli smanicati pieni di toppe dei Mercyful Fate: ora suonano una musica che sta dalla parte del goth/industrial, solo con qualche sfumatura rock o metal, che si deve più che altro agli assoli del chitarrista o a qualche rimasuglio nostalgico del passato, come l’up tempo “Ride the dragon”. Il punto che rende quest’album solo discreto non è il cambio di personalità musicale dei Death SS, e neanche la notevole eterogeneità dei brani qui presenti: il fatto è che in “Ten” tutto funziona fino a un certo punto.
Appare infatti chiaro che in “Ten” i Death SS si sentono molto più a loro agio nel suonare musica goth/industrial dal ritmo ballabile e remixabile tipo “Under satan’s sun” o gli ultimi due brani, ma se si esclude una “Lucifer” effettivamente ineccepibile, trovo “Under satan’s sun” e “The world is doomed” due brani gradevoli, ma condizionati da un tot di rock/metal che rendono i brani un po’ dei compromessi tra le due anime dei Death SS, che nella fattispecie consistono in fraseggi di chitarra che sono poca roba per i metalheads e una voce di Steve Sylvester che, per quanto marchio di fabbrica, non ho mai trovato ottimale per l’evocatività di questi brani. Altrove, come in “Zora”, i Death SS sfoderano la già vista carta del brano molto più rock alla Alice Cooper, ma finiscono per suonare come uno dei tanti epigoni di questa band, e i ritornelli mi suonano un po’ flosci, come in “The rebel god” o nella opener “The black plague”. Nella parte centrale dell’album i Death SS tentano anche la carta del gothic/rock più malinconico, grigio e smussato, come nella già detta “The rebel god” o “The temple of rain”, ma qui vanno a suonare bene solo formalmente e finendo troppo vicini ai Sisters of Mercy, con partiture che non plagiano brani come “Lucretia my reflection”, ma che chiaramente stanno su quelle coordinate. Insignificante l’up tempo più metal di “Ride the dragon”, che tenta di riallineare i fans del passato, ma il risultato è quasi power e lontano dagli up tempo aggressivi e minacciosi di brani passati come “Liber Samekh”, “Vampire” o anche “Guardian Angel”. Solo poche volte dunque il sound dei Death SS esce naturale e senza difetti, come in “Suspiria”, che non è un rifacimento della colonna sonora celebre, pur suonando comunque come una colonna sonora, o in generale come nei brani più goth/industrial oriented e che non forzano la mano con il rock o il metal, risultando in qualcosa di sinfonico e che vince in quei casi e solo quelli, come appunto nel brano “Lucifer”.
Si sente che in questo disco i Death SS vogliono fare ciò che vogliono loro: se secondo loro una parentesi di un brano metal sta bene tra un brano goth e ballabile e una colonna sonora, la fanno e la pubblicano, e questo va bene così: la personalità in quest’album non manca. Ciò che secondo me manca però è proprio il fatto che i Death SS non dominano la loro componente rock/metal e la mettono un po’ a forza nella loro attuale essenza, cioè il goth/industrial, con un risultato che neutralizza in parte le canzoni ballabili e che non è sufficiente per risvegliare i fans più rockettari. “Ten” è un album non male, ma che vede i Death SS che non amalgamano al meglio queste influenze e anzi suonano un po’ smarriti nel farlo, e a volte che si appoggiano a sonorità già sentite altrove (leggasi: i richiami ai Sisters of Mercy o ad Alice Cooper). È un brutto album? No per niente, ma “Ten” è comunque lontano dal potenziale che i Death SS hanno mostrato di avere in passato. Sinceramente, a questo punto auspico un passaggio totale al goth/industrial. Si rinuncerà ad alcuni fans, ma almeno il loro disco suonerà molto più naturale.
Track by Track
- The Black Plague 65
- Zora 70
- Under satan's sun 70
- The rebel god 60
- The temple of rain 65
- Ride the dragon 60
- Suspiria (Queen of the dead) 75
- Heretics 65
- The world is doomed 70
- Lucifer 75
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 70
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 65
- Tecnica: 70
Giudizio Finale
68Recensione di Snarl » pubblicata il 03.03.2022. Articolo letto 964 volte.
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