Banquet «Jupiter Rose» (2016)

Banquet «Jupiter Rose» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Wolverine »

 

Recensione Pubblicata il:
27.02.2016

 

Visualizzazioni:
974

 

Band:
Banquet
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Titolo:
Jupiter Rose

 

Nazione:
U.s.a.

 

Formazione:
- Eric kang
- Doug Stuckey
- Damon Lockaby
- Brandon Chester

 

Genere:
Fuzz Rock / 70's Rock / Retro Rock Psych

 

Durata:
33' 11"

 

Formato:
CD

 

Data di Uscita:
26.02.2016

 

Etichetta:
Heavy Psych Sounds
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Distribuzione:
Goodfellas
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Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

Direttamente da San Francisco (CA) i Banquet, band dedita all’Heavy Psych Sound presentano “Jupiter Rose”, primo lavoro seguente ad un unico singolo, che ripercorre l’attuale scia tutt’ora in espansione sulla West Coast cavalcata dall’Heavy Rock Pantheon. Il lavoro, un sette tracce per poco più di mezz’ora di ascolto, impone un sound pregno di groove, distorti e ritmica rock anni ’70 riconducibile un po’ su band quali Doors, Led Zeppelin e Deep Purple. Strumentalmente la proposta sonora è apprezzabile, mentre la musicalità va ben oltre le aspettative, ottimo il lavoro del basso in ogni tracks ascoltata così come anche le chitarre; meno appagante appare la parte vocale che in alcuni momenti sembra andare un po’ troppo fuori dalle righe. “Mastermind”, brano d’apertura si rileva potente ed intenso nel suo particolare sound che conduce subito l’ascoltatore indietro nel tempo grazie alla sua dinamica e forza esecutiva; il successivo “Sword of Damocles” si rileva sempre dinamico ma con qualcosa di più odierno che viene generato dall’incrocio sonoro delle due chitarre e dalla ritmica sempre tenace; si assiste però ad una non piacevole interpretazione del cantato che sembra non essere troppo a suo agio; anche “Run to you” mette giudizio all’ascoltatore: prontezza e dinamismo del sound sono le sue regole primordiali; la ritmica hard rock e l’accompagnamento della chitarre la fanno da padrone rilevandosi estremamente accattivanti; anche la voce ben si amalgama nell’irresistibile sound offrendo qui un discreta abilità; “Set me Free” si articola ancora una volta in un buona proposta sia musicale che cantata; la ritmica è potente ma non aggressiva e facilmente trasporta e coinvolge l’ascoltatore; “Burning Bridges” offre un sound d’apertura in arpeggio quasi malinconico che si propaga per quasi tre minuti d’ascolto assumendo poi un’andatura frizzante e articolandosi con motivi e refrain più che sensati come i lead solo proposti; “Touching The Grave” un apertura di basso fa da apripista ad un riff compatto ma non troppo nitido che lascia seguire una ritmica sempre carica di energia; il conclusivo “Jupiter Rose” offre in apertura un nuovo approccio quasi classico, un arpeggio di chitarra seguito da un lead solo non troppo impegnativo e da un cantato clean sdolcinato; il brano di seguito muta generando ancora una volta quell’incredibile sound anni ’70 che lo contraddistingue; anche qui però la parte cantata, nella parte più dinamica, sembra un po’ fuori portata. In ogni caso il lavoro, nonostante una sorta di registrazione un po’ vintage, appare strumentalmente ben eseguito sotto tutti i profili; controllerei maggiormente un po’ di più la parte cantata che in alcuni casi, ripeto, risulta quasi inopportuna.

Track by Track
  1. Matermind 70
  2. Sword of Damocles 55
  3. Run to You 70
  4. Set me Free 65
  5. Burning Bridges 65
  6. Touching The Grave 70
  7. Jupiter Rose 60
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 65
  • Qualità Artwork: 70
  • Originalità: 70
  • Tecnica: 70
Giudizio Finale
67

 

Recensione di Wolverine » pubblicata il 27.02.2016. Articolo letto 974 volte.

 

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