Dead Cowboy's Sluts «The Hand Of Death» (2012)

Dead Cowboy's Sluts «The Hand Of Death» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Snarl »

 

Recensione Pubblicata il:
--

 

Visualizzazioni:
816

 

Band:
Dead Cowboy's Sluts
[MetalWave] Invia una email a Dead Cowboy's Sluts [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Dead Cowboy's Sluts [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina Facebook di Dead Cowboy's Sluts [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il canale YouTube di Dead Cowboy's Sluts

 

Titolo:
The Hand Of Death

 

Nazione:
Francia

 

Formazione:
Benjamin Leclerc :: Vocals
Mathieu Leclerc :: Guitar
Pierre Plathey :: Guitar
Morgan Djinadou – Bass
Guillame Thiebault - Drums

 

Genere:

 

Durata:
54' 50"

 

Formato:
CD

 

Data di Uscita:
2012

 

Etichetta:

 

Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

Disco di debutto per I francesi Dead Cowboy's Sluts, che propone 12 canzoni più intro e intermezzo per quasi 55 minuti di musica. Si tratta, oggettivamente, di un disco registrato benissimo, dal suono potente ma che suona molto analogico, poco incline ai triggers esasperati delle bands più orientate verso lidi metalcore. Composizionalmente “The hand of death” è un connubio di death/thrash da feeling più old school che made in Gothenburg, l’evidentissimo groove dei Pantera, certo Sludge e anche una certa estremizzazione sonora e compositiva debitrice agli stili più hardcore, che fanno avvicinare la proposta dei DCS al metalcore e al deathcore.
Orbene, il disco è riuscito, presenta alcuni spunti interessanti come la potente “I will hunt you down”, la massiva “Lusk” e la a tratti pachidermica e ossessiva “must be broken”, con la conclusiva (e più orientata verso dei riffs che sembrano addirittura stoner) “Backdraft” anche da segnalare, la spettrale e pesante “Skull crusher” e però, come rovescio della medaglia, un paio di canzoni filler, altre che potevano durare di meno (“Must be broken”, l’intro e l’intermezzo e le ultime due canzoni), e altre che possiedono dei passaggi che perdono di originalità, come ad esempio “Purify by fire”, troppo vicina ai Pantera, “This Hate” il cui andamento di un riff ricorda forse un po’ troppo quello di “Goddamn electric”. Non solo: a tratti si ha la sensazione che i brani minacciano, picchiano e snocciolano riffs cattivi e pesanti, ma forse che anziché andare al sodo si perdono un po’ in lungaggini, e che insomma risultano troppo dispersivi, sensazione favorita dai brani fillers di cui sopra.
Certo, essendo questo un disco di debutto non si può pretendere di più, e anche se non è scevro di difetti, i DCS meritano un ascolto per chi non disdegni un po’ di thrash/groove a metà tra il moderno e il vecchio stile, e magari anche qualche fan dell’hardcore potrebbe apprezzarlo. Per il prossimo disco tuttavia, si auspica uno sfrondamento e uno snellimento del songwriting, un po’ più varietà, meno emulazione dei loro numi tutelari e forse un maggiore amalgama delle varie influenze. In bocca al lupo!

Track by Track
  1. B.T.K. 50
  2. Asylum Breakout 70
  3. I Will Hunt You Down 80
  4. Lusk 80
  5. Must Be Broken 80
  6. Criminal 65
  7. Purify By Fire 60
  8. This Hate 70
  9. Gates Of Perdition 50
  10. Skull Crusher 80
  11. Life, Death, And Its Painful Intervening Period 65
  12. The Hand Of Death Pt.1 75
  13. The Hand Of Death Pt.2 75
  14. Backdraft 70
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 80
  • Qualità Artwork: 55
  • Originalità: 65
  • Tecnica: 80
Giudizio Finale
69

 

Recensione di Snarl » pubblicata il --. Articolo letto 816 volte.

 

Articoli Correlati

News
Recensioni
  • Spiacenti! Non sono disponibili Recensioni correlate.
Interviste
  • Spiacenti! Non sono disponibili Interviste correlate.
Live Reports
Concerti