Cadaveria «Silence» (2014)
Recensione
I Cadaveria sono stati per un bel periodo una delle più belle realtà non black metal della nostra penisola. Mi reputo infatti un grosso fan del primo “The shadows madame”, molto personale nel sound eppure malevolo, nonché del secondo “Far away from conformity”, disco dove i Cadaveria delineavano una personalità delle composizioni ben marcata, eclettica e convincente. Poi venne “In your blood” e francamente lo trovai un disastro, un album che affiancava ad un substrato troppo groovy, quasi nu metal a volte, una voglia di spaziare tra i generi invero riuscita ma anche del tutto fine a sé stessa, poco comunicativa e asettica, come se l’importante non sia comunicare emozione, ma mischiare i generi e basta. Tanto che, sinceramente, non diedi attenzione a “Horror Metal”. Ora ritornano con “Silence”, un album che condensa 49 minuti in 11 canzoni, per un risultato ancora una volta sfuggente e che predilige un sound contorto.
È facile sentire che “Silence” non è all’altezza dei primi due albums: è più facilmente inquadrabile, non è così criptico e affascinante, ma è altrettanto facile sentire che l’album è comunque buono e decisamente in ripresa. Si può dire che “Silence” parte da un substrato Gothic e che vi aggiunge diverse influenze, a volte più veloci e urlate, come in “Out loud”, mentre altre volte, come in “Death, Again” il brano è più doom che gothic, cioè il contrario di “Existence”, più gothic che doom, così come “Carnival of doom”, senza contare le parti death monolitiche di “The soul that doesn’t sleep”, fino ad arrivare al dark di “Free spirit”. In altre parole, “Silence” non è così spiazzante come in passato, forse è un disco più maturo, che invece di tentare complicati equilibrismi stilistici comincia a stabilizzarsi. Non che questo sia un male: denota una nuova evoluzione di una band che non è mai stata ferma o chiusa di mente, ma non tutto in questo cd funziona bene: a volte certi arrangiamenti sono goffi e forzati, come gli inopportuni e superflui up tempos di “Almost ghostly” e la troppa ripetitività della altrimenti buona “Free spirit”, mentre altre volte sono mosci e mancanti di idee, come la quarta canzone, lugubre ma nulla più, o “Exercise1”, che di nuovo comunica un feeling ma non c’è quasi nient’altro.
Insomma: non è perfetto, a volte è anche un po’ deboluccio, ma “Silence” ha il pregio di farsi ascoltare e di portarti nel suo discorso e nel suo mondo, quello dove le definizioni dei generi non esistono e dove le discrepanze musicali diventano come un marcato cambio umorale. Per un risultato che può piacere o meno, ma che di certo non ti lascia indifferente se si è della giusta apertura mentale, e a nessun altro. Sì perché il voto finale rispecchia proprio questo, cioè il fatto che la band, nonostante sia da lodare per originalità e coraggio, giunta al quinto album non è perfetta come all’inizio e anche nella sua stravaganza non ha un sound definito: alcune idee toppano, altre invece spaccano e il songwriting della band, si sente, ammalia e colpisce, ma ha equilibri fragili, che facilmente rischiano di rompersi. Ne risulta un’esperienza sonora interessante ed appagante, ma fragile e che potrebbe annoiare qualche fan del metal più contaminato (che comunque invito decisamente a provare).
Track by Track
- Velo (the other side of hate) 65
- Carnival of doom 80
- Free spirit 75
- The soul that doesn’t sleep 70
- Existence 70
- Out loud 65
- Death, again 80
- Exercise1 60
- Almost ghostly 70
- Loneliness 70
- Strangled idols 70
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 70
- Qualità Artwork: 60
- Originalità: 80
- Tecnica: 70
Giudizio Finale
70Recensione di Snarl » pubblicata il 13.02.2015. Articolo letto 2026 volte.
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