Death In June + Argine + Solar Lodge

Data dell'Evento:
20.10.2011

 

Band:
Death In June
Argine
Solar Lodge

 

Luogo dell'Evento:
Qube

 

Città:
Roma (RM)

 

Promoter:
Radiorock [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Radiorock .
Qube Disco [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Qube Disco .
Per le foto si ringrazia Kyara C. [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Per le foto si ringrazia Kyara C.

 

Autore:
Moro Mou»

 

Visualizzazioni:
2786

 

Live Report

[MetalWave.it] Immagini Live Report: Nessuna Descrizione Partecipare al concerto dei Death In June, nella data romana del “30th anniversary tour” ha avuto un non so che di ‘epocale’. Certo l’attesa dell’evento propagata in rete ha fatto forse da agente lievitante. Senza contare che si parla di un gruppo con una certa storia, che festeggia i suoi 30 anni di attività con questo tour europeo e raccoglie più generazioni. Ecco infatti il pubblico presente, dai 20 ai 50 anni: i Death In June dimostrano di essere entrati nel cuore di giovani e meno giovani, provenienti addirittura da più parti d’Italia, che ora vedo attendere ordinatamente in fila alle porte del Qube.
C'è da dire che il locale, praticamente la mecca delle matricole fuori sede, la meta preferita di universitari e giovani romani per la versatilità (e sopratutto il buon mercato) dell’intrattenimento che offre, purtroppo non è sempre stato all’avanguardia circa l’aspetto tecnico dei concerti. Ma ovvio che questo non può fermare i prodi affezionatissimi in trepidante attesa. Soprattutto la mia attenzione viene rapita da panterone truccatissime, gotici ed eleganti ‘darkettoni’ in un tripudio pre-halloween che mi ha fatto tristemente pensare a quanto delle volte la musica possa essere soltanto “una scusa per”. Senza contare che – anche per la suggestione degli ultimi avvenimenti capitolini – individuare qualche molosso panciuto e pelato faceva tanto pensare all’estetica Black Block.
Ma passando oltre lo spettacolo offerto da ‘sobrie’ vampirelle, dagli ultimi poser del movimento gotico e da pseudo riottosi in nero, l’ultimo piano del leggendario Qube si è già riempito: guadagnano il palco i Solar Lodge.
Il duo belga propone un’ elettronica ambient minimale dall’inizio intrigante. Peccato che dopo 5 minuti questo si rivela essere l’intro di un pezzo unico che durerà per circa 30 dilatatissimi minuti. L’elettro-atmosfera è talmente minimale da risultare tendenzialmente monotona e a tratti soporifera. Seguono il sound check e l’esibizioni dei napoletani Argine. Per fortuna la sonata cambia e si vira verso un folk acustico italiano di un certo interesse. Chitarra, basso, batteria e soprattutto violino concretizzano un tipo di sound intimista che si è lasciato apprezzare senza difficoltà. Se vogliamo ammettere un difetto però, sembrava una forzatura la seconda voce. Un giovane fanciullo che, forse per l’aria da reduce della prima comunione (nonostante il tono in black che si era dato), non si amalgamava granchè col resto del gruppo. Tuttavia non mi sento di escludere (assolutamente, anzi) che fosse più un problema di equalizzazione a monte...
In ogni caso anche gli Argine lasciano il palco alla trepidazione per i Death In June.
Il pubblico si rilassa, si guarda intorno, conversa, guadagna la posizione definitiva quando all’improvviso... un signore sulla cinquantina, brizzolato, occhiali con catenella sul naso e baffi grigi curatissimi esce a sistemare la strumentazione. La sua polo marrone porta il logo DIJ.
Una sola domanda sembra aleggiare sugli astanti: 'Ma è lui??'. Al che qualcuno dalle ultime file si fa portavoce del sentimento generale e urla “Douglaaaas!”. Il signore indaffarato sul palco risponde, girandosi scattoso e timido salutando con la mano! E’ definitivo, Douglas P. si prepara il palco, così in sordina, smorzando persino gli applausi a cui il pubblico si lascia andare in preda al desiderio di dare un degno benvenuto. Ma lui, incurante e ligio, prosegue la sua attività celermente, pulendo persino il microfono! Personalmente sono parecchio divertita da cotanto maniacale zelo e lo guardo chiedendomi dove sia l’aura apocalittica e oscura in tutto ciò.
Passato l’attimo di straniamento ecco che ci siamo. E’già mezzanotte, calano le luci ed entra in scena John Murphy coperto da una maschera bianca sugli occhi e una mimetica bianca. Si apposta dietro le pelli e comincia la ritmica dirompente di “Till the living flesh is burned”. Ed ecco lui, Douglas P. riapparire come tutti segretamente speravamo, avvolto pure lui nella mimetica bianca e dietro la maschera che ha reso celeberrima la sua immagine. Fa avanti e indietro agli angoli del palco, agitando a ritmo sonagli e maraca, sbattendoli energicamente sui suoi tamburi, scatenando un’orda sonora davvero imponente che lascia presagire uno spettacolo coi fiocchi. Soprattutto mi sento rapita dal volto della maschera, pensando a quanto potere di suggestione abbia un simile oggetto, soprattutto se accompagnato ad una gestualità e una musicalità quasi violente, coinvolgenti e ipnotiche.
L’intro è finito, il pubblico è visibilmente eccitato e attende il resto. Ma Douglas P. e Murphy cambiano scena, si tolgono la maschera e proseguono a viso scoperto, solo il primo indossa occhiali da sole.
La ricca scaletta comprenderà di seguito:
2) Ku Ku Ku
3) The Honour of Silence
4) Omen-Filled Season
5) Peaceful Snow
6) Leper Lord
7) Luther's Army
8) All Pigs Must Die
9) To Drown a Rose
10) Fields of Rape
11) A Wolf Rose
12) Symbols of the Sun
13) Hollows of Devotion
14) Death Is the Martyr Of Beauty
15) Good Mourning Sun
16) Hullo Angel
17) Kameradshaft
18) Leopard Flowers
19) Giddy Giddy Carousel
20) Leper Lord (Bis)
21) The Maverick Chamber
22) Rose Clouds of Holocaust
23) The Death of the West
24) She Said Destroy
25) Little Black Angel
26) Fall Apart
Purtroppo - ma tanto c'era da aspettarselo - “Rose clouds of holocaust” viene interrotta da un problema di volume. Un Douglas spazientito stoppa il brano bruscamente e avvisa un fantomatico ‘Claudio’ di alzare quello della voce... un momento piuttosto imbarazzante per tutti. Così com’era stato imbarazzante tempo prima arrivare a chiedersi se il rumore delle ventole per l’aria condizionata avrebbe continuato così forte per tutto il tempo.
Si va avanti per un’ora circa, fino al reclamato bis, col nostro che si esibisce visibilmente accaldato e in ‘borghese’ con:
27) But, What Ends When the Symbols Shatter?
28) Runes and Men
29) Heaven Street
30) C'est Un Rêve
Mi duole dire che il concerto ha avuto un andamento piuttosto altalenante, dagli entusiasmanti esordi ad una certa fiacchezza del proseguo, in cui forse la stanchezza, forse il cambio di tonalità di molti pezzi in scaletta, hanno reso lo spettacolo un po’ meno coinvolgente. Certo, visto il genere e il noto repertorio DIJ, non ci si aspetta assolutamente di trovare guizzi vivaci e cori deliranti, ma fatto sta che qualcosa ha lasciato perplessi. Per fortuna il finale ha dato l'ultimo sprint al contesto, quando il pur riservato e frettoloso (ma ligio al dovere) Douglas P. ha interagito col pubblico aprendosi alle richieste.
Inoltre la nota dolente riguarda anche specificamente il Qube. Pur ospitando spesso gruppi di una certo interesse, di ambito mainstreaming e underground, non è stato raro trovarsi in passato davanti ad imbarazzanti errori di acustica o di natura puramente logistica, tipo scompensi nell’impianto elettrico. Tuttavia esso dribbla su alcuni disservizi e propone ancora eventi potenzialmente catalizzanti che, però, andrebbero curati con molta più serietà.

 

Immagini della Serata

 

Recensione di Moro Mou Articolo letto 2786 volte.

 

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