«Gods Of Metal 2007»
02.06.2007
Nome dell'Evento:
Gods Of Metal 2007
Band:
Luogo dell'Evento:
Idroscalo
Città:
Milano (MI)
Promoter:
Live
Autore:
Barbaro»
Visualizzazioni:
2605
Live Report
Barbaro:
Il traffico del giorno di festa e il maltempo mi fanno arrivare tardi a Milano, per di più il parcheggio è a mezz'ora a piedi dagli ingressi e riesco ad entrare solo sugli encore dei TigerTailz. Peccato, riesco solo a vedere Hooker con la bandiera italiana a mo' di mantello e un pubblico soddisfatto. Sento i pareri della gente e non ho udito una critica negativa sulla loro performance. Di sicuro mi sono perso un grande spettacolo.
Il cambio di palco è per i White Lion e la pioggia inizia a farsi sentire di nuovo (ma si può assistere al Gods of Metal con il chiodo e il gilet?). Il “Leone Bianco”, o meglio ciò che ne rimane, apre con il trittico Hungry, Little Fighter e El Salvador. Il gruppo ottiene ottimi responsi dal pubblico e acquista ancora più simpatie con pezzi tipo Tell Me,Wait e Radar Love che fissa la chiusura dello show.
Forse pochi ricordano che i Thin Lizzy è il gruppo che ha dato il “La” a gran parte delle composizioni della Nwobhm, primi fra tutti gli Iron Maiden che hanno consorziato il nuovo modo di utilizzare le chitarre contraddistinguendo tutta la loro produzione. Lo stesso Steve Harris non ha mai fatto mistero della cosa offrendo l'ennesimo riconoscimento agli irlandesi con Different World, il pezzo di apertura di A Matter of Life and Death, canzone dal forte sentore Lizziano come la stessa band londinese ha riconosciuto al termine della sua incisione.
Il loro concerto si apre con Jailbreak e da lì è un “Massacre”. Grandi classici e grandi virtuosismi del drummer Tommy; Cold Sweat, Are You Ready, poi le antemiche Cowboy Song e The Boys Are Back in Town. I grandi signori d'Irlanda hanno dato una lezione a tutti quelli che credevano che sul palco ci sarebbero stati solo quattro vecchi stanchi. Bellissima conclusione data a Black Rose anche se credo che tutti gli astanti siano rimasti, me compreso, ad aspettare Whiskey in the Jar fino a quando i roadies non sono saliti sul palco a smontare gli strumenti. Peccato.
Sotto un cielo che sembra avere pietà e sopra una melma che ancora devo staccare dagli anfibi entrano gli Scorpions, professori su una cattedra dai quali ricevere solo insegnamenti. Perfetti, in tutto. Nell'esecuzione, nell'approccio con il pubblico, nel proporre una scaletta ruffiana ma non troppo. I numeri uno della giornata. Ondata di classici più qualche pezzo dal recente Humanity – Hour 1 anch'esso piacevole. Bellissime le vibrazioni offerte dai grandi classici Sill Loving You e l'antologica Rock You Like an Hurricane che ha dato la chiusura allo show. Grandi anche nella scelta di non offrire la tanto acclamata Winds of Cange, atto di coraggio e di coerenza. Auspico che presto il combo germanico torni in Italia per un tour che li veda come Head liner.
I Velvet Revolver sono l'unica grande vera delusione della giornata, qualcuno li avrebbe voluti prima degli Scorpions, io li avrei messi alle 10 del mattino per provare l'impianto. A volte non capisco le decisioni delle posizioni nelle bill, d'accordo, siete i mezzi Guns, ma ai Twisted Sister tutti interi non furono date così tante credenziali, a torto aggiungo io, vista la storica risposta di pubblico che ebbero.
Una prestazione indegna. Slash è il fantasma di se stesso, morto quindici anni fa. Non c'è stato un pezzo che mi abbia incuriosito e il disappunto è diventato incazzatura quando ho sentito pezzi come It's So Easy violentati da un singer senza carisma né voce, poi, con tutto il ben di Dio che Slash avrebbe potuto pescare dal suo cilindro, arriva Wish You Were Here, onorabilissima, certo, ma sul palco ci sono tre Guns e mi coverizzate i Pink Floyd? Senza parole. Il colpo di grazia arriva poi con Mr. Brownstone: vergognosa. Voto: 0, senza recupero a settembre.
La flebile speranza che le previsioni ci avessero azzeccato indicando solo annuvolamenti nella serata milanese è caduta del tutto nell'ultimo cambio palco. Il cielo ha iniziato a piovere cani e gatti e non ha più mollato fino alla fine. Acqua, acqua dappertutto, sembra di essere a Wacken.
Si abbassano le luci un po' in ritardo e su un intro dai ritmi tribali entra la lurida accozzaglia. La scenografia è semplicissima ma efficace: un telone nero, la batteria su una catasta di teschi e ossa e fumo, tanto fumo per tutto il concerto, come a rendere etereo e sulfureo tutto lo show.
Una bellissima esplosione introduce Doctor Feelgood e subito la platea si scalda, poi i glamsters inanellano un successo dietro l'altro (la scaletta è la stessa del GoM 2005 anche se un po' rimescolata) Shout at the Devil la spettacolare Wild Side, Look that Kill, Live Wire... Lo show è pirotecnico all'inverosimile, quasi ogni pezzo ha un proprio effetto, con fiammate di vari colori, e fuochi da ogni dove. Splendida Home Sweet Home, lasciata cantare, come di consuetudine, al pubblico nella prima strofa. Forse il freddo, o forse la pioggia incessante fanno brillare la band meno che nel 2005, Tommy ad eccezione di tre porconi uno di seguito all'altro (sarebbe stato scenografico e un bel finale alternativo di The Dirt se l'offeso si fosse vendicato con un fulmine sul palco) non ha fatto il suo solito mini show, del resto è stato reso invisibile dal fumo; mi chiedo anche se sarà mai possibile vederlo in Italia in una delle sue classiche acrobazie con la batteria volteggiante... Anche Nikki Sixx non è al massimo, non ha neanche spaccato il basso su Anarchy. Mick Mars invece mi pareva più in forma del solito,chissà mai che la sua malattia non gli stia dando un po' di tregua. In gran lustro invece era Vince Neil che non ha mancato una nota ed ha riempito il palco con una presenza coinvolgente e ruffiana.
Il gesto dell'acceleratore introduce una Girls Girls Girls depauperata dalla presenza delle groopies tanto scenografiche nel tour precedente, grande pezzo comunque. Un lungo assolo di Mars introduce una spettacolare Kickstart My Heart che dà la chiusura allo show. Solo Anarchy negli encore e poi il fuggi fuggi verso le macchine.
Se non fosse stato per il tempo tiranno questa giornata da nostalgici sarebbe stata perfetta, ma indimenticabile lo è stata lo stesso perché mai più avremo l'opportunità di vedere tutti in un giorno gruppi di questo livello e di questa importanza, l'ennesimo GoM storico...
Un punto di demerito, a mio parere, va alla location, a cominciare dalla posizione geografica che se aiuta gli stranieri del nord: svizzeri, tedeschi e quant'altro, penalizza molto gli italiani del sud che devono sobbarcarsi chilometri e chilometri in un periodo non tanto favorevole per chi non ha alternativa alla benzina come combustibile. Inoltre l'Idroscalo è troppo dispersivo e non dà la possibilità di continuare a vedere gli spettacoli a chi si vuole sedere, cosa invece comodamente offerta dalla collinetta del Parco Nord di Bologna. La gastronomia era quanto di peggio uno si possa aspettare, meno stand e vivande immangiabili. Un'ulteriore nota di biasimo va alla gestione degli ingressi che, come al solito, non facilitava la libera circolazione tra dentro e fuori dell'arena... ma un braccialetto di stoffa costa così tanto? Infine i parcheggi: mi è mancata la comodità di Bologna che consentiva anche di montare la tenda vicino alla propria macchina. Migliorati i bagni sia nella dislocazione che nel numero e nella pulizia. L'aspetto ludico, stand di Guitar Hero e vari altri stand di merchandising, purtroppo non ha avuto la fruibilità auspicata sempre a causa delle avverse condizioni meteo. Peccato anche per le band emergenti che avevano l'opportunità di farsi conoscere nel grande contesto del GoM.
In definitiva una grande giornata per nostalgici con l'auspicio di vedere molte di quelle bands di nuovo in Italia per qualche tour invernale.
AtoragoN:
Sono partito col Tacito delle 6.38, carico di sonno ed eccitazione, senza quasi dubbi sul tempo. "Sarà una giornata TORRIDA", quindi mi presento a Milano vestito leggerissimo, e invece il tempo, poco dopo il mio arrivo (pressappoco quando è arrivato il mio collega Barbaro), decide di prendere una piega diversa, e comincia a piovere con un ritmo praticamente incessante che concederà qualche attimo di tregua solo durante l'esibizione degli White Lion e parte degli Scorpions, trasformando l'Idroscalo in un mare di (come direbbero i miei amici SRL) meeeeelmaaaa! Questa volta l'organizzazione non ha fatto nulla per evitare il crearsi degli inevitabili dieci centimetri di sabbie mobili: sarebbe stato meglio fare come in altri festival, nei quali tra un'esibizione e l'altra veniva sparsa paglia per terra per rendere il tutto un po'più camminabile. Peccato. Comunque, mi sono armato (e non solo io, tutti i presenti tranne qualche ubriaco che si rotolava nudo nel fango) di impermeabile e via a fotografare e raccogliere materiale. Comincio dicendo che concordo con Barbaro sulla scelta sbagliata di fare il concerto all'Idroscalo, ma allo stesso tempo bisogna sottolineare che i ragazzi della Live probabilmente sanno che i Metallari sono masochisti da questo punto di vista, e preferiscono annegare nella pioggia piuttosto che patire il caldo al chiuso come avvenne nel 2001 con i Judas, quando sono stati veramente sommersi di critiche, quindi la scelta di rischiare la pioggia è stata comprensibile. Altra scelta che potrei criticare è l'aver fatto un giorno così settario, forse sarebbe stato meglio mischiare il bill con quello del tre, dato che l'affluenza è stata veramente ridotta, a occhio direi duemila persone, ma di queste duemila abbiamo notato con nostro sommo gaudio che la percentuale femminile era alta, e di qualità davvero superba, dimostrando ancora una volta che l'hard rock continua a far battere i cuori anche delle ragazze, e nello specifico di un tipo di ragazze diverso dalle darkettone che il giorno dopo avranno affollato le prime file dei Dimmu Borgir, ma questa è un'altra storia. Arrivo anche io ai Tigertailz (mi dispiace di essermi perso i Planet Hard e soprattutto gli Eldricht, uniche mosche bianche in una giornata hard rock, ma Milano era paralizzata da molti eventi contemporaneamente, tra cui la Pausini), che mi hanno ricordato da molto vicino gli W.A.S.P., ma meno aggressivi, e che alla fine hanno raccolto ottimi consensi, superiori a quelli di molte altre band apparse in seguito (ps. Barbaro, la bandiera con cui il cantante è entrato alla fine era quella del Galles, loro terra d'origine!); da sottolineare come il cantante sia stato uno dei migliori a coinvolgere il pubblico e dialogare, anche grazie a pezzi chiaramente scritti appositamente per la chiave live. Dopo di loro è il turno degli White Lion, che sinceramente mi sono sembrati molto appesantiti dall'età, anche a livello vocale, e che hanno coinvolto poco il pubblico rispetto alla band precedente, nonostante una serie di classici che al loro tempo hanno fatto scintille in Usa. La band che si esibisce subito dopo sono i Thin Lizzy, orfani da lungo tempo del mastermind brasiliano-irlandese Phil Lynott, ed incidentalmente ci si trova nel momento di massima violenza della pioggia; la band sembra fredda e poco incline al dialogo, ma snocciola classici con i quali è quasi impossibile stare fermi, da Jailbreak a The Boys are Back in Town. Anche io sono rimasto un po'male del fatto che non hanno proposto Wiskey in the Jar, che forse è stato anche un po'il pezzo che li ha rilanciati grazie al singolo coverizzato dai Metallica qualche anno fa (comunque il pezzo era già a sua volta una cover di un canto popolare irlandese). Dopo di loro è stato il turno degli Scorpions, e da qui in poi la qualità delle esibizioni è salita molto: la band è compattissima, segno che a differenza di molte altre band della giornata loro non si sono mai fermati o sciolti, e hanno sempre continuato a mietere consensi e tour da ormai circa QUARANTADUE anni (si sono formati nel 1965!); i pezzi nuovi hanno un groove micidiale, che ricorda forse il nuovo corso di Ozzy con Zakk Wylde, e si incastrano bene anche con i classici; da segnalare anche la presenza scenica magnetizzante di Rudi Schenker e la voce del cantante, Klaus Meine, che se inizialmente ha mostrato qualche incertezza, via via si è scaldata fino a tuonare come sempre, specie nel classico conclusivo Rock You Like a Hurricane. Veramente ottimi. Dopo di loro si sono esibiti i Velvet Revolver, e qui purtroppo devo dissentire con Barbaro e pochi altri puristi rockettari (che gli hanno anche tirato un paio di bottiglie): concordo sul fatto che Slash non sia più quello di un tempo, e che i suoi assoli trademark oggi sono stati poco più di svogliati scarabocchi sul manico della chitarra, ma i pezzi sono stati tra i pochi a suonare veramente moderni ed avere un tiro micidiale (non a caso hanno dichiarato in un'intervista che la loro fonte d'ispirazione principale sono gli Audioslave), la gente ha cantato, si è divertita e ha apprezzato moltissimo anche i due pezzi degli Stone temple Pilots riproposti in chiave hard rock. Il cantante, Scott Weiland, ha dimostrato che tra un'overdose e l'altra ha ancora energie da vendere e una voce alla fine non troppo diversa da com'era quindici anni fa con la sua band madre, e ha dimostrato infine anche impegno del coinvolgere la gente, parlando di come la musica dovrebbe unire, non dividere, e di come un concerto è una celebrazione del pubblico in cui la band funge solo da catalizzatore. Una ventata di sound moderno che sicuramente non ha fatto male, così come la cover di Wish You Were Here, cantata da tutto il pubblico, nessuno escluso, e dedicata alle truppe in guerra con la speranza che se ne tornino a casa prima possibile; uno dei momenti più intensi dell'intera giornata. A chiudere è il momento dei Motley Crue, con un palco completamente invaso dal fumo: la prestazione è ottima, anche se inframmezzata da numerose pause tra un pezzo e l'altro, e a parte un solo pezzo del recente Red, White and Crue, la setlist è una mitragliata di classici senza tempo, da Kickstart My Heart, Looks that Kills, Shout at the Devil, a Home Sweet Home, e Girls, Girls, Girls. Da segnalare le prestazioni dei singoli, impeccabili oggi più di ieri, grazie alla sobrietà, la voce di Vince regge e convince, così come l'ottimo drumming di Tommy che è addirittura sceso ad offrire shots di whiskey al pubblico. Mick Mars, nonostante le paventate condizioni fisiche, ha suonato meglio che sui dischi, meglio che sul live ufficiale, regalandoci anche una versione di Little Wing di Hendrix dotata di tocco e intensità. A tutto questo va aggiunta la ragazza praticamente nuda e con maschera da diavolessa che è venuta a parlare al microfono, e ci ha "intrattenuti" a modo suo molto bene ed il set di pyros più spettacolare che io abbia mai visto. Una cascata continua di brividi, sia per ciò che vedevamo, sia per ciò che ascoltavamo. Beh, possiamo considerare questo gods finito, ma allo stesso tempo la mia avventura non era finita: sono tornato indietro in cerca di una navetta (che non c'era), e alla fine sono riuscito a prendere un pullman al volo (potevate scriverlo sul sito!) che mi ha portato di nuovo al capolinea, Milano S. Babila, e da lì ho dovuto farmi un'altra ora sotto la pioggia in attesa di un'altro taxi, ma questa è un'altra storia...
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