Sadist «Spellbound» (2018)

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Wolverine »

 

Recensione Pubblicata il:
19.11.2018

 

Visualizzazioni:
3414

 

Band:
Sadist
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Titolo:
Spellbound

 

Nazione:
Italia

 

Formazione:
- Tommy Talamanca :: Guitars, Keyboards;
- Andy Marchini :: Bass;
- Trevor Nadir :: Vocals;
- Alessio Spallarossa :: Drums;

 

Genere:
Progressive Death Metal

 

Durata:
37' 34"

 

Formato:
CD

 

Data di Uscita:
09.11.2018

 

Etichetta:
Scarlet Records
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Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
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Recensione

L’ottavo disco in casa Sadist è questo “Spellbound”, succeduto al buon Hyaena nel 2015, che si rivela come l’ennesima sorpresa della band sotto una moltitudine di profili che spaziano sia dalla significativa prepotenza musicale che dalle tematiche trattate. Ed in effetti il disco è un vero e proprio tributo, se così lo possiamo definire, al maestro Alfred Hitchcock semplicemente perché la band riesce, tra un brano e l’altro, ad ambientare l’ascoltatore nei tipici contesti e scenari frutto dei film scritturati dal regista. La band coglie quindi l’occasione, attraverso le migliori melodie realizzate dal synth, a generare i momenti più oscuri da cui non sai cosa ti aspetti da un momento all’altro così generando suspense accompagnata ad una certa quanto concreta angoscia per poi spingere a tavoletta su brillanti andature death e progressive; un costante clima oscuro parificato a quello del maestro nel momento in cui stimolava alla platea di spettatori quell’effetto ansiogeno stimolante la dopamina ovvero quella sostanza rilasciata nella mente dinanzi all’effetto mistero, a quell’occasione volta ad individuare la risposta su chi o cosa dovesse accadere o chi debba essere il responsabile; la soluzione di quell’enigma che giunge a concludersi verso l’inaspettato! E sono proprio inaspettate tutte le tracce del platter, dove la robustezza e l’armai consolidata potenza del sound, con altrettanta annessa tecnica, ti avvolgono in un folle vortice tra i cazzutissimi scream e growl oltre che splendide quanto tecniche andature prog death. I brani come si accennava precedentemente ti lascino il loro marchio a fuoco a cominciare dall’ottima apertura di “39 Steps” dove l’ennesimo esempio di orgoglio nazionale sul mondo del metal viene fuori dal quartetto genovese con una semplicità soprannaturale. “The Birds” ci trasporta nelle caratteristiche cavalcate techno progressive della band sopportate da incredibili atmosfere da assaporare ininterrottamente; l’apertura in piano forte di “Spellbound” è spiazzante per il senso di smarrimento che arreca all’ascoltatore; si amalgama il tutto con un potente death, moderato nella proposizione ma allo stesso tempo dinamico e in costante mutamente per quanto attiene la soluzione compositiva; un buon progressive misto a metal è anche la soluzione di “Real Window” (l’indimenticabile La Finestra Sul Cortile” energico e diretto come un pugno nello stomaco, nuovamente sferzato ed alternato dal magico effetto ambient del synth; è poi la volta di “Bloody Bates” (ovvero Psycho” indubbiamente uno dei capolavori di Hitchcock) dove l’alternanza tra tastiera ed il rabbioso death progressive unificato al cattivissimo growl scream rilascia il miglior effetto di sempre; lo strumentale “Notorius” volge invece i propri passi offrendo un quadro ritmico moderato dove basso e synth generano una spettacolare simbiosi protesa a condurci, nota dopo nota, verso la successiva “Stage Fright” che richiama (Paura in Palcoscenico) qui idealizzato dalla band nuovamente con un synth dall’effetto organo che dirige uno scenario death metal potente ed aspro avvolto da spettacolari lead solo e squarci malinconici di pianoforte; si prosegue ancora con “I’M The Man Who Knew Too Much” (L’uomo che sapeva Troppo), un brano di inaudita potenza in chiave death ma non privo di generosi passaggi più progressive di abnorme fattezza; “Frenzy” segue il suo percorso nella follia più marcata di sempre dove la soluzione del motivo della chitarra è sorprendente e maledettamente tecnico. “The Mountain Eagle” (L’aquila della Montagna) segna un altro brano focale per questo disco dannatamente accattivante che ci trasporta sino al felpato e conclusivo outro di “Downhill”. Anche l’artcover non può essere trascurata per il suo ovvio richiamo al capolavoro “Psycho”, riproposta in modalità caratteristica del miglior scenario horror narrato nel film. Cosa dire di questo Spellbound? Semplicemente un capolavoro.

Track by Track
  1. 39 Steps 90
  2. The Birds 90
  3. Spellbound 90
  4. Rear Window 85
  5. Bloody Bates 85
  6. Notorius S.V.
  7. Stage Fright 90
  8. I’m the Man Who Knew Too Much 90
  9. Frenzy 90
  10. The Mountain Eagle 90
  11. Downhill S.V.
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 90
  • Qualità Artwork: 90
  • Originalità: 95
  • Tecnica: 95
Giudizio Finale
90

 

Recensione di Wolverine » pubblicata il 19.11.2018. Articolo letto 3414 volte.

 

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