Herod «Rich Man's War... Poor Man's Fight» (2006)

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AtoragoN »

 

Recensione Pubblicata il:
--

 

Visualizzazioni:
881

 

Band:
Herod
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Titolo:
Rich Man's War... Poor Man's Fight

 

Nazione:
U.s.a.

 

Formazione:
Jason Russo - Vocals
Matt Backlas - Bass
Jesse Benker - Lead/Rhythm guitar
Greg DiPasquale - Lead/Rhythm guitar
Mike Jeffers - Drums

 

Genere:

 

Durata:
40'

 

Formato:

 

Data di Uscita:
2006

 

Etichetta:

 

Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

Direttamente da Buffalo, NY, questa band arriva al secondo full lenght (dopo il debut “For Whom the Gods Would Destroy”) sotto l'etichetta Lifeforce Records e ci mostra sin dalla opener “Assimilation” uno stile inconfondibilmente statunitense, un incrocio di power (così lontano dall'accezione “italiana” del termine), thrash e speed metal, con il loro tipico gusto per il non scadere mai in melodie troppo dolci e mielose (anche a costo di renderle orrende), e così ascoltando i loro pezzi mi sono balzati alla mente in sequenza il thrash speed, Exodus, Dark Angel, Floatsam and Jetsam, per poi aggiungersi Iced Earth dai marcati rinvii maideniani, Armored Saint e secco e ruvido hard rock a stelle e strisce. La voce del singer (Jason Russo) è sorprendentemente alta, un falsetto che non stona nel contesto, ma che tesse linee vocali che nella ricerca di non scadere in clichès scontati commette un errore ben peggiore: propone melodie che non rimangono in testa, a volte sembra stonare (anche se in realtà probabilmente VUOLE fare quella nota che ci sta malissimo) e che in ogni caso sarebbero state più efficaci eseguite un'ottava sotto. Procedendo con l'ascolto si delineano gli highlights dell'album, come la traccia due, “All Night”, dalle tinte hard rock e dotata di melodie convincenti e di uno strumentale molto originale, che consiste in un assolo in secondo piano mentre in primo piano vi è un arpeggio molto particolare; sicuramente è un piacere notare spunti interessanti in un terreno così tanto battuto da centinaia di bands nel corso dell'ultimo ventennio. Un altro pezzo che sicuramente dal vivo farà stragi si prospetta “The Fire”, molto devota ai Judas Priest nell'incedere e nel riffing, che allo stesso tempo mette in mostra la prestazione più aggressiva e convincente da parte del singer. Incredibilmente priestiano anche lo strumentale del pezzo. Tra pezzi interessanti ed altri un po'meno si approda alla classica power ballad, intitolata (con molta fantasia) “Forever”, che probabilmente nella mente degli autori dovrebbe essere il pezzo che fa innamorare le adolescenti, ed invece è completamente rovinato dalla voce, altissima e nasale che a tratti riporta alla mente i gatti nel periodo degli amori (non me ne vogliano per la battuta!). Fortunatamente “Grand Design”, il pezzo successivo, riporta le cose in carreggiata con un mid tempo ricco di interessanti armonie chitarristiche anche se nel complesso anche in questo caso il punto di riferimento sono purtroppo i Judas dei pezzi meno ispirati. A concludere il disco “Journey of Creation”, un uptempo furioso caratterizzato da chitarre armonizzate dall'inizio alla fine, ma purtroppo anche in questo caso mutilata da una voce che tesse linee brutte e a tonalità che probabilmente non gli consentono di gestirla al meglio, o almeno questa è l'impressione. Concludendo questo disco ha un terribile difetto: è formalmente perfetto suonato bene e con esperienza, ma gli arrangiamenti di tutti gli strumenti (batteria esclusa ovviamente) nella maggior parte dei pezzi, sono poco interessanti, e forse proprio la paura di fare qualcosa di scontato e la ricerca dell'originalità a tutti i costi li ha rovinati, con melodie dissonanti (come i ritornello dell'ultimo pezzo) che, volute o no, danno un effetto molto sgradevole, almeno ad un orecchio europeo come il mio (non fraintendetemi, c'è dissonanza gradevole e dissonanza sgradevole, in questo caso si parla della seconda). Forse se facessero meno i nostalgici degli anni 80 ed invece di complicarsi la vita a fare mal riuscite parafrasi di ciò che è stato e mai tornerà cercassero di proporre qualcosa di più libero dai vincoli del passato la musica guadagnerebbe in freschezza, spontaneità e sicuramente anche in qualità; ma del resto sono gusti e se si intraprende questa strada decisamente non lo si fa per soldi quindi mi sento di consigliare questo disco solo ai fan più sfegatati e devoti al collezionismo delle band sopracitate, gli altri possono tranquillamente passare oltre.

Track by Track
  1. Assimilation 70
  2. All Night 73
  3. One Life to Burn 65
  4. Lies and Betrayal 65
  5. The Fire 65
  6. Broken Promises 63
  7. Forever 50
  8. The Ring 58
  9. Grand Design 60
  10. Journey of Creation 50
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 70
  • Qualità Artwork: 40
  • Originalità: 40
  • Tecnica: 70
Giudizio Finale
60

 

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