Dawn of a Dark Age «The Six Elements, Vol.2 WATER» (2015)

Dawn Of A Dark Age «The Six Elements, Vol.2 Water» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Snarl »

 

Recensione Pubblicata il:
05.03.2015

 

Visualizzazioni:
2068

 

Band:
Dawn of a Dark Age
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Titolo:
The Six Elements, Vol.2 WATER

 

Nazione:
Italia

 

Formazione:
Eurynomos :: Guitars, Bass, clean vocals, Piano, Saxophone, Clarinet, Keyboards, Drum programming
Buran :: Vocals

 

Genere:
Black Metal

 

Durata:
36' 0"

 

Formato:
CD

 

Data di Uscita:
01.01.2015

 

Etichetta:
Autoproduzione

 

Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

Secondo album per il duo molisano Dawn of a Dark Age, che condensa in 36 minuti tondi tondi 4 canzoni più una strumentale e un outro, e che propone una strana ma avvincente mistura tra doom (predominante), stravaganze avantgarde dovute al clarinetto e al violino, un po’ di gothic più che altro presente nella prima traccia, e un bel po’ di black a completare il tutto.
Ora parliamoci chiaro e tondo: ce n’era abbastanza per sospettare l’ennesimo disastro visti i luoghi comuni ripassati da tanti rookie, compresi i due strumenti estranei al metal, e invece non è così. Intendiamoci: questo album non è assolutamente ben registrato, visto che ha una drum machine abbastanza finta, una chitarra troppo bassa e un clarinetto a volte decisamente troppo alto e il feeling di domestico è forte, ma per una volta l’originalità dei riff e uno stile (udite udite) abbastanza personale riescono a sopperire alle lacune di registrazione: ciò che infatti si sente di buono nella prima canzone, incorporata all’intro, viene solo confermato e massimizzato nella seconda “Otzuni”, effettivamente avantgarde e con uno stile dei riffs a metà tra il doom e certa malignità black metal perfettamente amalgamato, il tutto viene poi marchiato a fuoco da un clarinetto che non si limita ad uno stupido accompagnamento messo là giusto per ostentazione, ma fa le sue trame sonore, a volte cacofoniche, altre più sinuose, come il feeling diabolico che produce qua e là, tipo “Come to the sabbath” dei Black Widow. “Otzuni” è per questo motivo anche la canzone più riuscita di un album dal fortissimo sapore di “meglio realizzabile”, ma comunque ben riuscito e originale.
Il suono standard poco speciale rende l’album ancora qualcosa di underground e limitato al pubblico black metal più avvezzo alla sperimentazione sonora, ed è per ora solo a questa gente che l’acquisto del cd è consigliato, tuttavia un aggiustamento dei suoni, dei volumi e quindi un suono più corposo può solo massimizzare la proposta di questo duo molisano. Davvero ben fatto.

Track by Track
  1. Intro-The Gates Of Hell (In The Deepest Dark Abyss) 70
  2. Otzuni (The Black City In Apulia) 80
  3. The Old Path Of Water (Where You Rot Slowly) 70
  4. The Verrin's Source (On MountField) 80
  5. Mouettes A Midi Sur La Mer Adriatique (Intermezzo) S.V.
  6. Outro n.2 S.V.
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 55
  • Qualità Artwork: 70
  • Originalità: 75
  • Tecnica: 70
Giudizio Finale
73

 

Recensione di Snarl » pubblicata il 05.03.2015. Articolo letto 2068 volte.

 

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