Fen «Carrion Skies» (2014)
Recensione
Dischetto da prendere con le pinze questo Carrion Skies, dei britannici Fen. Il power trio è fautore di un black metal dalle forti influenze d’avanguardia e sperimentali, con un sound che lascia molto spazio ad effetti e soluzioni atipiche, con un tocco di shoegaze e sonorità che a volte toccano il post-rock.
Per chi non li conoscesse, i Fen , attivi dal 2006, hanno finora pubblicato finora tre album molto ben accolti ed apprezzati dalla critica e hanno partecipato a diversi festival metal e a diversi tour con Negura Bunget e altri nomi tutelari del genere.
Tornando al platter è composto da sole sei canzoni, dal minutaggio piuttosto elevato, la maggior parte infatti si aggira intorno tra i dieci e i dodici minuti; ciò da un senso di dilatazione e vacuità alla musica del combo britannico, che però alterna sapientemente sfuriate black metal a momenti riflessivi e sotto acidi.
Detto ciò, potrei concludere la recensione anche qua, dal momento che tra la lunghezza dei brani davvero alta e la quantità della musica, rischierei di ripetermi inutilmente. Ma dal momento che il mio compito è quello di valutare il disco per la sua qualità, consigliando o meno l’acquisto, mi limiterò ad accennare alle caratteristiche e alle cose che più mi hanno colpito di questo lavoro.
L’iniziale Our Names Written Part 1in Embers si presenta subito aggressiva e potente, alternando bei riff e melodie, momenti più riflessivi e sfuriate black , intervallata nella parte centrale da un bel rallentamento quasi doom molto suggestivo e concludersi con una cascata di riff e urla lancinanti in dissolvenza. La parte seconda, omonima della precedente, ha un guitarwork molto interessante, che non lesina l’uso dei tempi dispari in alcuni punti; la canzone comunque ha una buona personalità, con passaggi evocativi e lancinanti, un cantato sofferto e suggestivo, supportato da un’ottima sezione ritmica eccellente.
La successiva The Dying Stars parte con un arpeggio quasi rilassante e si trasforma in un inferno di nove minuti, dal riffing quasi heavy metal. Una gran bella canzone a mio avviso.
Con la seconda metà dell’album però, inizia ad insorgere qualche segno di stanchezza, probabilmente dovuto ad un dilatarsi esagerato delle canzoni, davvero un po’ troppo prolisse: forse scrivere qualcosa di più condensato avrebbe sortito un effetto migliore. Il difetto principale è che le canzoni hanno chi più , chi meno, la stessa struttura, ( arpeggio evocativo in crescendo-entrata della chitarra- sfuriata black metal- break centrale evocativo- seconda sfuriata black- outro) mescolare maggiormente le carte in tavola avrebbe messo un po’ di pepe in più.
Riassumendo, ci troviamo di fronte ad un buon lavoro: se già conoscevate la band inglese, andrete sul sicuro poiché l’album ha comunque musica di qualità, se non li conoscevate un ascolto lo merita tutto.
Track by Track
- Our Names Written in Embers Part 1 70
- Our Names Written in Embers Part 2 70
- The Dying Stars 70
- Sentinels 70
- Menhir. The Supplicant 70
- Gathering the Stones 70
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 70
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 65
- Tecnica: 80
Giudizio Finale
71Recensione di Papi » pubblicata il 21.10.2014. Articolo letto 1857 volte.
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