Death SS «Resurrection» (2013)
Recensione
Dopo sette anni e sette sigilli i Death SS tornano oggi, 6 giugno 2013, sulle scene con il nuovo album “Resurrection”.
Quello che mi preme premettere al fine di indirizzare l'ascoltatore ad un giusto spirito critico e d'aspettativa è che “Resurrection” si attiene totalmente al nome che porta, non si tratta né di un nuovo sigillo né della ripresa di un percorso interrotto. Non aspettatevi di cercare tra le righe il nuovo Heavy Demons – e nemmeno provateci - o scovare rimandi a lavori o situazioni precedenti. Dalla prima all'ultima traccia viene celebrato un nuovo inizio, un nuovo ciclo, una nuova era, una resurrezione appunto.
Il disco è stato concepito in assoluta calma, senza fretta, con il desiderio e l'intento di consegnare alla stessa band, prima ancora che agli ascoltatori forse, un prodotto di qualità eccelsa, elegante e maturo, che sancisse un punto di arrivo e di partenza in una carriera più che trentennale.
La longevità dei Death SS è riposta anzitutto nella mente vulcanica di Steve Sylvester e dei collaboratori che via via ha scelto di affiancarsi nel corso dei decenni. Tra tutti in questo disco spicca Freddy Delirio, tastierista della band, che in questo caso veste anche i panni di produttore. E' proprio alla sua ventennale esperienza che Steve Sylvester si è affidato per produrre il disco, dopodiché la sessione di mastering è stata commissionata al noto fonico dei Rammstein Svante Forsbäck e ai suoi Chartmakers Studio.
Al DeNoble alla chitarra, Glenn Strange al basso e Bozo Wolff, - new entry – alla batteria completano il quintetto impreziosito dalla bellissima Dhalila nelle vesti di performer.
L'immaginario visivo horror*erotico, che da sempre ha animato la fantasia di liriche e ambientazioni della band, diventa qualcosa di tangibile e concreto grazie alla sapiente mano maestra di Emanuele Taglietti (firma d'oro del fumetto erotico italiano) autore della copertina di “Resurrection” dove i cinque non morti risorgono da fiamme infernali a nuova vita.
Accade però che anche l'immaginario visivo abbia bisogno di shockanti stimoli ed ecco i Death SS venire in soccorso al cinema. Una buona metà di tracce del nuovo disco compongono la colonna sonora di diversi film, un esempio è “The Darkest Night”, per l'omonimo film di Salvatore Vitiello/Scuola del Cinema Indipendente, “Ogre's Lullaby” per “Paura 3D” dei Manetti Bros. (per cui è stata composta anche “Revived”, in onore di un episodio de “L'Ispettore Coliandro”, che vede la stessa band nel cast), “Eaters”, “Santa Muerte”, “Precognition” e “The Devil's Graal”.
Tutto questo a riprova che l'evoluzione e la grandezza di una band sono constatabili anche dai progetti che è in grado di supportare ed accogliere.
La maturità e l'innovazione di Resurrection sta in pezzi come “The Crimson Shrine”, “Star in Sight”, “Dionysus” e “The Song of Adoration” che spiccano sopra tutti e sono sinceramente destinati a diventare pietre miliari nella lunga discografia del gruppo. L'ausilio di cinque vocalist femminili, che si alternano nei brani, ha sviluppato un alone di oscuro misticismo, erotismo e raffinatezza attorno ad un lavoro mastodontico fatto di luci brillanti e magnetica tenebrosità.
Un'attenzione ed un riconoscimento particolare va inoltre agli assoli di Al DeNoble che si snodano canzone dopo canzone, ennesima conferma della validità di ogni componente del gruppo.
Chiude il disco l'ironica ed astuta “Bad Luck”, un brano al limite del rock 'n' roll, con il quale un divertito Steve si appresta paradossalmente rilassato a rispondere senza mezzi termini alle malie che vogliono la band coinvolta in poco chiare leggende metropolitane di sfortuna e mala sorte.
Io dico che la sfortuna dei Death ss vorrebbero averla tanti gruppi. Tante persone.
Un ritorno in pompa magna pronto a soddisfare anche gli ascoltatori più critici che forse in questa recensione non troveranno dettagli tecnici minutaggio per minutaggio, non troveranno la descrizione del rituale al rovescio di “The Song of Adoration” piuttosto che la l'accortezza darkwave di “Dionysus” o la malvagità di un brano come “Ogre's Lullaby”, la furia apocalittica di “Eaters” e via dicendo, tutto questo perché siate voi, col vostro umore, le vostre idee ed il vostro vissuto a giudicare un disco così pieno ed essenziale allo stesso tempo.
Track by Track
- Revived 85
- The Crimson Shrine 100
- The Darkest Night 80
- Dionysus 95
- Eaters 90
- Star In Sight 95
- Ogre's Lullaby 90
- Santa Muerte 80
- The Devil's Graal 85
- The Song of Adoration 100
- Precognition 80
- Bad Luck 80
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 100
- Qualità Artwork: 100
- Originalità: 100
- Tecnica: 95
Giudizio Finale
91Recensione di Marie » pubblicata il 07.06.2013. Articolo letto 3160 volte.
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