Damn Freaks «III» (2023)
Recensione
I Damn Freaks nascono nel 2017 grazie a Matteo
Panichi (batteria), il quale, una volta trovati i vari membri, realizza il primo album (Damn Freaks). Tre anni dopo, arriva 'Love in Stereo' ma la situazione nel mondo non ha permesso che quest’ultimo venisse suonato dal vivo.
 Come è successo a molti, c’è stato un periodo di stacco da parte dei ragazzi coinvolti nel progetto che li ha portati a un cambio della line-up e all’ingresso di Giulio Garghentini (Dark Horizon), oltre che alla registrazione di una nuova opera con un titolo semplice ‘III’ .
Eccoci quindi pronti a questo nuovo ascolto.
Veniamo accolti da The land of nowhere, pezzo abbastanza semplice che si rifà a un hard rock essenziale e spogliato di qualsiasi artificiosità o esagerazione.
In Where is love è possibile percepire le radici che hanno influenzato la musica della band e chiaramente facciamo riferimento a ciò che è stato il rock, più o meno patinato, dei gloriosi anni settanta e ottanta.
Walking in the sand si rivela più ritmata e grintosa, possiede infatti quella verve che ti fa assaporare il tutto e te lo rende gradevole dal primo ascolto.
Discorso simile per My resurrection, la quale ha la fortuna di avere un ritornello terribilmente catchy, degno dei Jon Bon Jovi nei periodi migliori; You ain’t around è la classica ballad che, personalmente, non amo particolarmente ma, essendo puramente questione di gusto, ha un suo perché nello spezzare il ritmo del disco.
Damned burning mercy è un brano in cui si percepisce meglio la nota più “dura” della band, quella in cui non si cerca di fare melodie ma un rock più crudo e concreto; anche My time has gone ha questa peculiarità, tuttavia il chorus mostra un’apertura che lo rende perfetto per coinvolgere il pubblico dal palco.
Arriviamo a Nothing’s true, credo uno dei pezzi più interessanti del disco: grintoso con quel sentore di hard rock targato “made in the USA”, fintamente grezzo, liberatorio, la perfetta colonna sonora per un viaggio di cui non sai la destinazione finale.
Con Crazy ride si perde un pò di questa magia perché si tratta di un singolo piuttosto calmo, senza picchi di originalità o energia.
Fortunatamente arriva Walking the wire che conclude con positività questo ascolto attraverso un mood canzonatorio, piacevole e comunque deciso.
I Damn Freaks hanno colto nel segno e lo hanno fatto con un disco di puro rock con riferimento al passato ma con un occhio di riguardo verso il presente.
I ragazzi hanno saputo proporre un’opera viscerale in cui, in qualche modo, si sono narrati e hanno esposto la loro passione per questo genere, riuscendo anche a trovare una loro direzione, una personalità sapientemente espressa dal cantante, con la sua voce graffiante e versatile. Il top sarebbe se proponessero anche qualche pezzo in lingua italiana, togliendosi un pò questa tendenza “americana” ma è un dettaglio tutto sommato di poco conto.
A chi dice che il rock è morto e sepolto, consiglio questa band perché vi farà ricredere!
Track by Track
- The Land Of Nowhere 70
- Where Is Love 70
- Walking In The Sand 70
- My Resurrection 70
- You Ain’t Around 70
- Damn Burning Mercy 70
- My Time Has Gone 70
- Nothing’s True 75
- Crazy Ride 65
- Walking The Wire 75
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 75
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 65
- Tecnica: 75
Giudizio Finale
70Recensione di reira » pubblicata il 30.11.2023. Articolo letto 896 volte.
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