«The Unholy Alliance Chapter III»

Data dell'Evento:
14.11.2008

 

Nome dell'Evento:
The Unholy Alliance Chapter III

 

Band:
Slayer
Trivium
Mastodon
Amon Amarth
Death Army

 

Luogo dell'Evento:
Palasharp

 

Città:
Milano (MI)

 

Promoter:
Live [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Live

 

Autore:
Barbaro»

 

Visualizzazioni:
3484

 

Live Report

[MetalWave.it] Immagini Live Report: Nessuna Descrizione L’hanno fatta! L’hanno fatta! Il 14 novembre 2008 gli Slayer hanno suonato la scaletta del secolo. Oltre ai classici estratti e a due rare chicche quali Dittohead e Ghosts of War, quando ormai tutti pensavano che la promessa non sarebbe stata mantenuta, e dopo quasi un’ora di concerto senza soste, Tom Araya annuncia Angel of Death: l’opener del disco thrash che ha fatto la storia della musica e degli Slayer. Una dopo l’altra si susseguono sensazioni nostalgiche e invadenti. E’ un tripudio, con lo stesso incedere dell’opera che ormai ha raggiunto i ventidue anni di età, i quattro della vera apocalisse suonano tutte le tracce fino alla conclusiva Raining Blood che chiude senza fronzoli uno show epocale…
Ma come è cominciato tutto ciò?
E’ veramente difficile analizzare a sangue freddo l’esperienza dell’Unholy Alliance 2008. L’apertura è stata affidata ai vincitori del contest Death Army, che, nonostante l’impegno profuso, sono stati penalizzati dall’aver suonato mentre si aprivano i cancelli. Di certo hanno avuto l’onore di calcare lo stesso palco degli Slayer e non è cosa da poco.
Grande il responso per i controversi Amon Amarth. Tutto il piccolo pubblico raccolto nel pit era per loro e, in una sola mezz’ora, hanno accontentato, anche con i nuovi brani estratti dall’ultimo lavoro.
I Mastodon invece, deficitari del chitarrista Bill Kelliher, hanno proposto, con l’insolito trio, un concerto non del tutto convincente durante il quale molti hanno preferito girovagare per il palazzetto o prendere aria al suo esterno.
Attendevo con ansia la prestazione dei Trivium. Volevo vedere se l’impatto roboante avvenuto ai loro esordi aveva in qualche modo mantenuto gli alti livelli del tempo. La risposta è stata “nì”. Nel senso che scenicamente hanno ancora la prestanza e la violenza che li ha resi celebri ma musicalmente sembrano aver perso il veleno della gioventù. Il nuovo album non mi convinceva in cuffia e non lo ha fatto dal vivo. I pezzi sono mosci e prolissi e la prolissità, se non è artistica è noiosa. Ma finalmente è il momento dei re della serata, i cambi palco sono ragionevolmente brevi e poco dopo le nove le luci si abbassano.
Il concerto inizia con un sipario bianco abbassato. Durante l’intro vengono proiettate alcune immagini e il logo della band, poi, dal controluce, appaiono le fisionomie di Tom Araya, Kerry King e Jeff Hanneman. L’attacco al fulmicotone è per l’insolita Flesh Storm che immediatamente scalda gli animi del pubblico. Subito si fa seguire la “omniseconda” War Ensemble e da ora è l’apocalisse.
Senza sosta il quartetto americano butta fuori tutta l’energia come non ha mai fatto, come non ho mai visto. Araya ha di nuovo la sua voce, e che voce! Anche io, come molti, ho creduto che dal ritorno di Lombardo fosse iniziata la discesa: troppe erano le volte che il bassista arrancava facendosi spesso aiutare dal coro del pubblico. Questa volta invece, quando lo fa, è solo per renderlo partecipe dell’evento. Perché di evento si è trattato. Nonostante il Palasharp non fosse stato del tutto pieno la risposta di pubblico è stata fenomenale. Qualcuno ha detto, pochi ma buoni, e ciò è vero, perché chi era a Milano lo ha fatto solo per un amore spropositato, che non è mai sazio di vedere i loro show. Già perché vederli di nuovo dopo che avevano suonato come headliner al Gods of Metal 2008, dopo che non avevano nessun album da promuovere e dopo che l’inflazione Slayer aveva addirittura deflazionato il prezzo del biglietto per un periodo della prevendita, voleva dire soltanto essere veri fan.
Del resto il fan degli Slayer è così: non cerca fronzoli, non si sbatte di domande sul perché da anni ripropongano bene o male lo stesso show; il fan degli Slayer vuole solo buttarsi nel calore delle loro serate ed uscire il più sudato possibile dalla Hall.
Ciononostante gli statunitensi hanno sbalordito, tradendo in un certo senso il purismo del tipo di fan sopradescritto. Questa volta c’era la scenografia, con un mega schermo che mandava immagini inerenti i brani suonati e con un impianto luci da far impallidire anche le band con budget molto più alti. E come se ciò non bastasse i brani prodotti pescavano ovunque accontentando anche quelli che non avevano mai sentito determinati pezzi.
I suoni erano perfetti e la resa di alcuni brani come Jihad, con tanto di immagini dell’11 settembre sullo sfondo, è stata spettacolare. Stessa cosa per Angel Of Death, generalmente relegata a chiusura dei concerti con le immagini del nazismo e dei campi di concentramento che hanno reso il pezzo ancora più crudo.
Ma le sorprese non finiscono qui.
Prima di dare il via alla riedizione di tutto Reign in Blood, Araya ci ha regalato anche un nuovo pezzo: Psychopaty Red. Slayer al cento per cento con un riff portante maligno e veloce. Pezzo che dal vivo rende cento volte più di quanto faccia in cuffia.
Di tutti quelli che c’erano non ho visto nessuno insoddisfatto, proprio nessuno. Aspettiamo ora il nuovo disco e una nuova era…

 

Immagini della Serata

 

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