Intervista: The Doomsayer

The Doomsayer A pochi mesi dall'uscita del loro debut album "Fire.Everywhere." facciamo due chiacchiere con il bassista dei The Doomsayer Flavio Magnaldi.

 

Benvenuti su Metalwave.it! Non posso non iniziare con qualche domanda relativa alla vostra "nascita" o meglio alla vostra "ri-nascita". Raccontateci come è nato il progetto The Doomsayer e spiegateci il significato del nome scelto per la vostra band.

Innanzitutto grazie a te e alla redazione per averci dato la possibilità di parlarvi un po’ di più di noi. I The Doomsayer nascono dalla voglia di cambiamento e sperimentazione di quattro persone che dopo aver suonato molto tempo assieme negli Stigma, hanno deciso di rimettersi in gioco senza voler stravolgere un progetto che aveva ormai sviluppato un proprio trademark, ma bensì creandone uno completamente nuovo, che potesse però contare su dieci anni di grandi soddisfazioni e tanto duro lavoro. Il nome scelto ha molteplici significati, il profeta è “colui che parla davanti/prima” nel senso che presagisce il futuro vivendo intensamente il presente. A differenza del nostro precedente progetto in cui affrontavamo tematiche attinte dalla filmografia horror, The Doomsayer racconta le nostre vite, le nostre esperienze ma anche quelle di chi vive con noi ogni giorno, e affronta in maniera diretta alcune problematiche che noi sentiamo particolarmente.

"Fire.Everywhere." è il vostro debut album, uscito lo scorso ottobre. Dopo più di dieci anni di carriera con il precedente gruppo (gli Stigma), che effetto fa "debuttare" nuovamente?

Uscire con un progetto completamente nuovo per me è stato molto stimolante, perché ci ha permesso di curare nel minimo dettaglio tutte le fasi che sono intercorse dalla composizione, alla scelta di nome e immagine, e la presentazione al pubblico senza quel legame con “l’uscita precedente” che avveniva per forza di cose ogni volta che facevamo uscire qualcosa di Stigma. Ci siamo sentiti un po’ come tornare indietro, abbiamo rivissuto le sensazioni e le speranze di un ragazzino al debutto con il suo primo contratto di distribuzione, è stato molto particolare ed emozionante.

Qual'è stata la reazione dei vostri "vecchi" fan e come è stato accolto fino ad ora "Fire.Everywhere." da loro e da quelli "nuovi"?

Ovviamente quando interrompi il cammino di una band con un proprio seguito e ne crei una nuova non si riesce mai ad accontentare tutti per vari motivi, ma detto questo, l’uscita di “Fire. Everywhere.” è stata accolta con curiosità e buoni feedback anche da molte persone che ascoltavano gli Stigma e che hanno colto in pieno la voglia di cambiamento del nuovo progetto. Per quanto riguarda invece i nuovi ascoltatori dobbiamo aspettare ancora un po’ per capire come vanno le cose, i primi live hanno avuto un ottimo riscontro, grazie anche ad un sound più live oriented di Stigma, vedremo se le cose continueranno in questo modo.

Quali sono gli elementi facenti parte del sound degli Stigma che è possibile ritrovare nello stile dei The Doomsayer? Quali sono, invece, le novità di questo progetto rispetto a quello precedente?

Le differenze tra le due band sono, a parer nostro, molto marcate. Le parti vocali suonano più lineari e immediate anche grazie all’utilizzo del pulito di Andrea. Per quanto riguarda le strutture abbiamo puntato a comporre musica che potesse funzionare bene dal vivo: brani più snelli, sezione ritmica più lineare ma allo stesso tempo più valorizzata che in passato, oltre a questo abbiamo voluto aggiungere una componente atmosferica che possa valorizzare l’ascolto del disco.

Parliamo un po’ del modo in cui componete i brani: come nasce un vostro pezzo? Su cosa vi siete focalizzati maggiormente per ottenere il sound presente in “Fire.Everywhere.” ? Quanto ha contato l'avere un’esperienza già consolidata nel comporre?

Nella fase di composizione è stato molto importante utilizzare un metodo consolidato per la stesura e rifinitura dei brani, che per noi consiste nel lavorare prima sulle linee guida di chitarra, correggendole in base alle preferenze di ognuno di noi, in modo da creare lo scheletro del brano. Una volta stesa la base passiamo poi a curare le varie parti ritmiche, nel frattempo si provano le linee melodiche e urlate per le voci, le eventuali parti di produzione e si prova il pezzo più volte per rendere fluidi stacchi e incastri. Siccome utilizziamo questo metodo di lavoro da tempo abbiamo potuto dedicare più spazio alla ricerca dello stile ed a concretizzare le nostre idee.

Parlando invece delle lyrics contenute nei brani dell’album: c'è un tema che accomuna i testi? Cosa ne ha ispirato la composizione?

Le lyrics si ispirano principalmente a pensieri personali, episodi e situazioni di vita successi ad alcuni di noi ed anche a riflessioni sul mondo che attualmente ci circonda. Tutto questo viene raccontato nei sei episodi da Vlad (Stefano Ghersi, il cantante), che per la prima volta ha scritto i testi prima ancora che ci fossero i brani, in modo da poter in parte legare il testo ad un brano che potesse condividerne le stesse emozioni.

Personalmente penso che l'etichetta "metalcore" non sia adatta a tentare di classificare il vostro sound che, come ho scritto nella recensione del vostro album, è radicato in un certo hardcore old school ma tiene la porta aperta a tendenze contemporanee e "post". Siete d'accordo?

In parte sono d’accordo, la spontaneità e la linearità del nostro passato hardcore sono delle caratteristiche che abbiamo voluto recuperare e approfondire, il riferimento alla scena metalcore allo stesso tempo non è una cosa che noi consideriamo un’onta, amiamo fondere elementi del nostro passato come Stigma in un nuovo sound che parta da una base hardcore e si arricchisca di atmosfere post hardcore, in fondo credo che in questo non ci sia nulla di male!

Nel vostro sound sono sicuramente presenti influenze della scena europea e americana, ma quanta "italianità" c'è, secondo voi, nella vostra musica? Quali band italiane vi hanno influenzato/ispirato maggiormente?

Hai giustamente evidenziato le scene da cui sentiamo di aver preso maggiormente, ma non disdegniamo assolutamente la scena del nostro paese, che mai come in questo momento sta sfornando bands di qualità assoluta che riescono ad essere protagoniste anche oltre oceano come Fleshgod Apocalypse, The Secret, Upon This Dawning, Nero Di Marte e altri. Non c’è una band in particolare che potrei citare come influenza diretta, ma oltre alle bands precedentemente accennate ascoltiamo molto anche Hour Of Penance, Ready, Set Fall!, Hopes Die Last, To Kill (RIP), The Modern Age Slavery, NoTimeFor e i dischi di Reprisal, The End Of Six Thousand Years e Slowmotion Apocalypse.

Il metalcore, il deathcore, il post-metal, ecc.. sono generi abbastanza snobbati in Italia, o comunque seguiti da un pubblico molto giovane, mentre all'estero sono osannati e seguiti anche da persone più adulte. Perchè secondo voi?

Questi generi, ovviamente, fanno breccia in un pubblico giovane. All’estero, c’è semplicemente più interesse per queste sonorità e quindi ci sono più occasioni per suonare dal vivo, cosa che poi amplia il bacino d’utenza sia a livello “mainstream” che per i concerti più underground. In Italia questo resta un sound di nicchia, perché il bacino d’utenza misura si e no un migliaio di persone sparse per tutta la penisola…

Avete avuto molte esperienze live, molti contatti con le band e con il pubblico estero. Che tipo di opinione hanno, all'estero, della scena metal e hardcore italiana?

Quando ti capita di condividere il back stage con band di livello che sono riuscite a fare della musica la loro professione, ciò che noti è la professionalità e la determinazione, ma anche tanta disponibilità e consapevolezza nel sapere cosa si è fatto e cosa resta da fare. Trovo che il panorama underground italiano sia per certi versi meno votato a quella determinazione di farcela che si vede all’estero, tutti vogliono suonare, ma lo vogliono come vogliono tante altre cose, guai a chiamarlo “hobby” anche se la verità è proprio che di “hobby” si tratta… Questo non giova agli occhi delle band straniere che ovviamente in certi casi tendono a generalizzare e a credere che quello sia un modus operandi condiviso tra tutte le realtà del nostro paese.

Quanta importanza ha la dimensione live per voi?

Adoriamo i live e cerchiamo di cogliere ogni occasione di esibirci che ci venga data. Il palco è la prova finale, ciò che conta più di numeri e sensazioni per capire come il pubblico vive la tua musica!

Per concludere vi facciamo un grande in bocca al lupo per questa nuova avventura! Prima di salutarci dateci qualche informazione sui vostri concerti/impegni futuri.

Stiamo lavorando per fissare più date possibili durante il periodo primaverile ed estivo, seguiteci su http://www.wearethedoomsayer.com , vi terremo aggiornati! Grazie per la vostra disponibilità e un saluto a tutti i vostri lettori!

Intervista di Jezebel Articolo letto 2578 volte.

 


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