Intervista: Ritual of Rebirth

Nessuna Descrizione Grazie alle loro sonorità psicotiche, i Ritual of Rebirth sono riusciti, con "Ethical Disillusion", a tirar fuori un debut album coi fiocchi, che di certo può far la felicità di chi è amante di tali follìe sonore. Passiamo ora a loro la parola, per scoprire il "RoR pensiero".

 

Salve ragazzi e benvenuti sulle pagine di MetalWave. Anzitutto, grazie per la vostra disponibilità. Partirei con la classica domanda d’obbligo: potreste darci qualche breve accenno biografico?

Fabio :: Certamente! Ritual Of Rebirth è un progetto nato a cavallo del nuovo millennio, una band che fino ad oggi ha avuto una lunga storia di vita vissuta, ricca di bellissimi momenti, ma anche di numerosi passaggi oscuri e davvero tristi che ci hanno costretto ad una condizione di scarsa produttività, che chiaramente ha influenzato la nostra discografia... però, sinceramente, ormai poco conta! Abbiamo superato tutto fino ad ora, e dopo quasi 10 anni siamo ancora in giro a distruggere i palchi... e questo è quello che importa. Per dare due cenni di storia recente, abbiamo da poco avuto dei cambi importanti nella line-up: infatti, dopo l’abbandono di Dani e Davide abbiamo affrontato diversi live con l’aiuto e la professionalità di Alessio Spallarossa, il batterista dei nostri concittadini Sadist, e con Ermal Zaka, già chitarrista dei Nerve (dove milito in veste di cantante). Se Ermal era già entrato in formazione da Giugno del 2008, purtroppo abbiamo dovuto patire un po’ di più per trovare un batterista fisso, visto che Alessio chiaramente era troppo impegnato con le sue bands, ma siamo stati fortunati, perchè nel giro di qualche mese abbiamo trovato Erik, ex batterista dei contortissimi Mater Machina. Già dopo poche prove ha dato segno di essersi integrato ottimamente con noi ed il nostro sound; non vediamo l’ora di presentarlo al nostro pubblico!

Passiamo alla vostra ultima fatica: potete parlarci di “Ethical Disillusion”? Come sono stati i riscontri della critica finora?

Ale :: Sinceramente, direi al di là delle nostre più rosee aspettative! Personalmente temevo che il lavoro avrebbe strappato un paio di ascolti distratti dalla critica, sai com’è, non è che il nostro album fosse atteso tipo “Death Magnetic” dei Metallica, e davvero ci sono molti gruppi validi in giro! Invece abbiamo ricevuto ottime recensioni, sia dalla carta stampata che da webzines che, come la vostra, misurano il polso dell’underground italiano... davvero una bella soddisfazione, soprattutto perché quasi tutti hanno giudicato il lavoro piuttosto fresco, nuovo, per nulla scontato, il che è esattamente ciò che abbiamo provato ad ottenere da “Ethical Disillusion”!

Una cosa che ben si nota è l’ottima unione di elementi vicini al death metal old school con altri più “nuovi”, grazie ad ottimi preziosismi tecnici che potrebbero in un certo qual modo ricordare, tanto per fare un nome, i Meshuggah. Come siete approdati a tali sonorità?

Fabio :: Come ti accennavo prima, abbiamo una storia molto lunga, che ci ha impedito di essere presenti agli appuntamenti live con costanza e di segnare il nostro percorso musicale con numerose release, ma tutto questo non ci ha impedito di lavorare a fondo sulla nostra proposta musicale, sugli arrangiamenti, sperimentando di anno in anno, cambiando poche cose e riadattandoci ai vari cambi di line-up e alla nostra crescita musicale. Questo forse ci ha portato a maturare una buona definizione stilistica e una proposta musicale piuttosto fresca, come sembrano confermare le numerose recensioni positive che abbiamo raccolto fino ad ora. Effettivamente nel nostro sound convivono caratteristiche più old style al fianco di soluzioni più moderne: per capire il perché, penso si possa azzardare un parallelismo con il movimento artistico del rinascimento, nel quale per la nuova arte si partiva dalle opere classiche del passato. Come band siamo sicuramente parte del movimento moderno del metal estremo, ma non disdegniamo i grandi classici del passato, ne traiamo ispirazione e nel nostro piccolo, come tante altre band, cerchiamo di rinnovarlo, integrando citazioni e richiami nel nostro sound, cercando comunque di mantenere intatta la nostra identità stilistica.

Come nasce un pezzo dei Ritual Of Rebirth?

Fabio :: Nasce attraverso un rodatissimo processo compositivo che parte in genere dalla stesura di una struttura del brano, da un’idea completa sia dal punto di vista ritmico che melodico, a volte si parte direttamente dal ritornello e si costruisce il brano intorno ad esso. Fino ad ora ho composto la maggior parte dei brani Ritual e avendo la fortuna di avere una buona visione d’insieme, ci siamo sempre potuti permettere di lavorare tutti insieme solo sull’arrangiamento del brano nel dettaglio partendo da una solida base strumentale. Praticamente è come se prendessi del materiale grezzo, lo lavorassi fino ad abbozzare una forma con determinate caratteristiche per poi lavorarlo in modo corale con gli altri ragazzi, scendendo nel dettaglio. I brani più recenti invece sono nati alla base in modo diverso, seguendo più l’improvvisazione in sala prove piuttosto che una pianificazione a “tavolino” a priori cosa che mi fa pensare che probabilmente in futuro comporremo così e sarà bellissimo vedere finalmente la partecipazione di tutti i membri al processo compositivo.

Quali sono le tematiche che affrontate nei vostri pezzi?

Ale :: Per noi suonare significa comunicare qualcosa, ed anche i testi dovrebbero fare la loro parte. Personalmente cerco di allontanarmi un po’ dai cliché del death metal, ovvero morte, odio, ossa rotte, budella masticate: non perché non mi piaccia - sono tuttora fan sfegatato di Cannibal Corpse e compagnia sanguinante – ma con Ritual penso sia naturale inserire nei pezzi contenuti che aggiungano un po' di sfumature a quello che suoniamo.. nessuno pretende che chi ascolta lo faccia perché condivide quello che dico, ma insomma una via di mezzo non mi dispiacerebbe! Il tema ricorrente dell’album è il risveglio da una condizione di catalessi collettiva, da uno stato ipnotico in cui siamo tutti immersi, incapaci di dare un senso costruttivo alle nostre esistenze, lobotomizzati dalla demagogia della politica, dal denaro, dal consumismo di massa. Alcuni testi affrontano il tema con ironia, tipo “The Japanese Syndrome”, che parla di quei patetici nostri connazionali che si appropriano di frammenti di cultura orientale per dare un’apparenza alternativa alla propria inutile esistenza da servo del sistema. Altri pezzi, come “Disconnected”, parlano di eversione e antagonismo attraverso la rete, il che invece è una roba parecchio seria!

In fase di recensione, ho sottolineato come il progetto sia andato avanti grazie alla perseveranza di Fabio. Ma quali sono state le difficoltà incontrate sul vostro percorso in questi anni?

Fabio :: Guarda... mai nome fu più azzeccato per una band, la nostra storia è stata un costante ciclo di caduta e conseguente rinascita. Tutte le band incontrano grosse difficoltà nel loro percorso musicale, e noi non siamo diversi dagli altri, ma c’è comunque da dire che siamo stati particolarmente sfortunati in molte situazioni e siamo stati impossibilitati a procedere con la nostra avventura molte volte. All’inizio abbiamo impiegato diversi anni prima di trovare le persone giuste per questo progetto, ad esempio Davide il nostro ex chitarrista, per i primi 5 anni di attività della band ha vissuto a Parigi per questioni di lavoro e scendeva quando poteva per provare, registrare e fare concerti, ma noi lo abbiamo aspettato andando avanti come potevamo. Il momento più critico lo abbiamo forse passato dal 2004 al 2007, ho avuto una tendinite piuttosto grave al braccio destro, ho subito un intervento che mi ha tenuto lontano dalla chitarra per quasi due anni e quando mi sono ripreso ho dovuto ricominciare tutto da capo! Puoi immaginare cosa abbiamo passato, con la vecchia formazione ero l’unico compositore, perciò la band ha attraversato un lungo periodo di stasi che ci ha fatto malissimo e ci ha escluso dalla possibilità di dare seguito alla splendida situazione che si era creata dopo l’uscita del demo del 2003 “Project: New Life”. Quindi concerti e opportunità buttate al vento, abbandono da parte di alcuni membri della band... più e più volte ci siamo ritrovati nella situazione di dover decidere se fare il sacrificio di andare avanti o mollare tutto, io non ho mai mollato, ma molte delle persone che mi hanno accompagnato in questi anni l’hanno fatto; io ci ho sempre creduto e ci ho sempre messo tutto me stesso. Rispetto a quando tutto è iniziato ora è tutto diverso, della formazione originale sono rimasto solo io e Niko (bassista) che entrò nella band dopo 2 anni dalla “fondazione”. Tristemente abbiamo anche dovuto affrontare un grande lutto, infatti Amedeo, (membro fondatore della band insieme a me) ha perso la vita in un gravissimo incidente stradale nell’Agosto del 2007, in quel periodo lui si era già allontanato dal gruppo, ma questo evento mi ha veramente segnato l’esistenza e ora più che mai sono determinato a portare questo progetto più in là che posso in onore di tutti gli sforzi e i sacrifici fatti fino ad adesso, per Ame e per tutte le persone che ci hanno sempre seguito e supportato. Nonostante tutto però, ora i Ritual sono una band forte e coesa, e tutto questo è grazie ai “nuovi membri” con i quali c'è una grande amicizia, non solo una collaborazione musicale e un comune amore per la musica, è questa la nostra forza e senza di loro non ci sarebbe “Ethical Disillusion”.

Quanto è importante per voi il contatto col pubblico? Com’è il vostro approccio allo Stage?

Ale :: Il più spontaneo possibile. Per me stare in un gruppo metal significa principalmente suonare dal vivo. E’ l’unico buon motivo per passare le serate in sala prove anziché bersi delle birre in giro! Cazzate a parte, stare sul palco è una sensazione potente, soprattutto quando chi sta sotto partecipa, sente la musica e trasmette energia... e questo meccanismo credo si attivi solo se anche tu che stai suonando, dai il massimo e non te la meni a pensare quale sia la posa migliore per venire bene in foto... e poi guarda, secondo me chi suona nell’underground non deve mai dimenticarsi che oggi sei sul palco ma domani sei sotto, perché in fondo siamo tutti fan di questo genere, e siamo qui per muovere la testa e divertirci!

Andiamo ora a parlare di un paio d’argomenti di “carattere generale”. In primis, qual è la vostra opinione riguardo Internet, sopratutto come veicolo di promozione per le bands?

Ale :: Internet è uno strumento, un mezzo di comunicazione, quindi da un lato ti permette di raggiungere un sacco di gente, dall’altro crea una saturazione di suono, per cui ad un certo punto hai troppi stimoli, e non sai più cosa ascoltare! Io comunque credo che come dieci anni fa la selezione sia abbastanza automatica, nel senso che le bands che valgono emergono dal marasma generale, quelle mediocri possono anche spammare mezzo mondo senza grossi risultati. Continuo a pensare che la chiave sia suonare tanto dal vivo, ovunque, con chiunque; certo, non è facile... il metal è energia e sudore, e non basta avere una pagina MySpace con tanto sangue e teschi per dimostrare qualcosa... come Ritual of Rebirth abbiamo cercato di utilizzare la rete per diffondere direttamente la nostra musica, mettendo “Ethical Disillusion” on line, scaricabile dal sito del gruppo... di fatto, non pensiamo che questo possa danneggiare il gruppo, semmai il contrario!

Come pensate sia la scena Underground nostrana? C’è qualche band che vi colpisce particolarmente?

Ale :: In Italia ci sono gruppi che davvero non hanno nulla da invidiare al resto d’Europa. La scena metal underground è in ottima salute... penso ad esempio agli Infernal Poetry, agli Illogicist, ed a tante altre band di casa nostra che se non vivessimo nel paese in cui viviamo, in cui la cosa più estrema che il mainstream digerisca è Vasco Rossi, verrebbero portate in palmo di mano. Devo dire che non amo particolarmente tutti quei gruppi che scimmiottano gli americani... trovo che fossilizzarsi a fare il verso a qualcun’altro sia limitante, anche perché, parliamoci chiaro, la gente preferirà sempre gli originali. Con le bands di oltreoceano possiamo competere sulle idee, non certo sui mezzi, che per noi in questo momento sono fuori portata (ovvero, quando sentirò un gruppo italiano con un disco prodotto come l'ultimo dei Devildriver, farò mea culpa)... Comunque, per citarti un’altra band, ti dico i Rumors of Gehenna... sono una vera mazzata in faccia, senza compromessi!

Prima di chiudere, un’altra domanda classica: quali sono i vostri progetti futuri, sia a breve che a lungo termine?

Fabio :: Al momento stiamo continuando a supportare l'uscita di “Ethical Disillusion” con diversi concerti nel nord Italia, e ci stiamo concentrando per inserire al meglio il nuovo entrato Erik, con il quale vogliamo stabilire un buon feeling prima di ributtarci sulla composizione del nuovo materiale. Non dormiremo molto però in questo periodo, e se ci riusciremo ci chiuderemo in studio a scrivere i nuovi brani già verso Aprile/Maggio. Quello che posso dire è che sicuramente i cambi di line-up influenzeranno notevolmente il nostro sound, portandolo in una direzione più aggressiva, ma cercheremo di non dimenticarci di quanto fatto finora anche se punteremo ad un risultato diverso rispetto ad “Ethical”. I nostri dischi saranno sempre diversi tra loro, secondo me nella musica la forza non sta di certo nella staticità, quindi chi avrà voglia di seguirci deve sapere che da noi si dovrà sempre aspettare delle sorprese!

Siamo arrivati alla conclusione. Lascio a voi la parola per chiudere come meglio preferite e lasciare un saluto ai nostri lettori.

Ale :: Beh, intanto vi ringrazio per lo spazio che ci avete concesso, ringrazio chi ha letto questa intervista per essere arrivato fino in fondo, e ringrazio Fabio per non essersi ancora tagliato i capelli... JOIN THE RITUAL!
Fabio :: Ahahah!! Io approfitto per fare un appello: scaricate il nostro disco!!! E’ gratis cazzo!!! Non vi costa niente! Scaricate e diffondete, lo abbiamo fatto per voi!!! Alla peggio se vi fa cagare, potete cancellarlo e non vi mangerete neanche le mani per aver buttato dei soldi!!!

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