Intervista: Beholder

I Beholder sono stati una delle band di spicco del panorama power "all'Italiana", assieme a Labyrinth, Rhapsody e compagnia bella. Purtroppo dopo il tour successivo all'uscita del loro terzo disco, "Lethal Injection", all'apice del suo successo la band si scioglie, corre l'anno 2004. Abbiamo sentito il leader, Patrick Wire, il quale ci ha parlato dei Beholder, del suo Gods of Metal, dei suoi progetti attuali e di tante altre cose. A voi! (AtoragoN)

 

Ciao Patrick, come va? A me e a molti vostri fan è dispiaciuto molto leggere il tuo comunicato sullo split dei Beholder, nel quale hai espresso però la volontà di continuare a lavorare nel mondo della musica. Di cosa ti stai occupando ora?

Ciao a te e ai tuoi lettori. Al momento sto lavorando su diversi progetti. Un singolo rock con un produttore italiano di alto livello, destinato però al mercato straniero, e alcune colonne sonore cinematografiche e, a settembre, anche teatrali. Il mondo della musica è sempre il mio habitat naturale, in questo periodo si sta fondendo molto col teatro e col cinema dal momento che studio in quel settore e ho avuto la fortunata chance di poter fare delle cose musicali anche lì.

Ti andrebbe di raccontarci quali sono le ragioni che hanno portato allo split dei Beholder?

Il nostro contratto con Dragonheart Records era di 3 dischi, che abbiamo inciso e pubblicato tra il 2000 e il 2004. Nell’estate ’04, a seguito del bellissimo minitour con Vision Divine, abbiamo avuto dei grossi problemi con la cantante. Io e il mio socio Mayer (chitarrista) abbiamo passato tutta l’estate a cercare di capire se fosse il caso di cambiare cantante femminile (grosso rischio in un gruppo che puntava molto sulla particolarità delle due voci) o se chiudere il progetto lì. Visto che anche il nuovo materiale che stava venendo fuori si discostava parecchio dal precedente, abbiamo pensato che, nonostante ce ne fosse l’opportunità, fare un disco “giusto per farlo” non sarebbe stato corretto nei confronti dei nostri fan, e così ecco lo split.

Stai portando avanti la tua carriera parallela di scrittore (iniziata ricordiamo con "Labirinto")? Da dove nasce questa passione?

“Labirinto” per il momento è l’unico romanzo che ho pubblicato. La passione nasce forse dal fatto che mia mamma è scrittrice e mi ha sempre trasmesso l’amore per questo tipo di lavoro/arte. Al momento ho delle idee sulle quali vorrei lavorare, ma vista la situazione editoriale in Italia (impraticabile per un aspirante “narratore” giovane) e visto il mio lavoro in ambito teatrale/cinematografico, penso che la prossima storia la metterò giù direttamente come sceneggiatura.

Hai in mente la realizzazione di nuovi progetti che ti vedano coinvolto attivamente in qualche modo?

Sicuramente non ho più alcun progetto heavy metal. L’ultima cosa che mi è capitata è stata la realizzazione dei cori sull’ultimo disco dei Domine, dal momento che Enrico ha sempre piacere a invitarci in studio per una mangiata e una “cantata” e pare che i cori vengano fuori sempre epici come vuole lui! Per il resto, ho recitato in un film di cui ho scritto la colonna sonora, ho scritto altri temi per un altro film, a settembre musicherò uno spettacolo teatrale e ho quel progetto di cui sopra, arrangiato da questo noto produttore artistico italiano. Direi che la devo smettere di aggiungere carne al fuoco!

Sei rimasto in contatto con gli altri ex membri della band? Sai dirci cosa stanno facendo ora?

Dunque, il Mayer è praticamente un fratello quindi lo vedo molto spesso, e inoltre ha preso parte con me a questo progetto rock per il mercato estero, quindi ci frequentiamo sia per piacere che per lavoro. Poi sono sempre molto amico di Matt, di Andy, del Raven, non manco di giocarmi qualche poker col batterista Mario Giannini quando capita, e anche il Vikar lo vedo di tanto in tanto, anche se al momento è in giro con una cover band e di tempo ne ha poco. A livello musicale cmq, Mario suona con Pino Scotto. Raven è impegnato con i Betoken, che io sappia. Matt ha progetti che conosco ancora poco ma presto mi farò dire, e anche Andy ha delle sue cose che sta tirando avanti, in ambito più crossover. Vedo meno sovente la cantante, con la quale abbiamo poi ricucito i rapporti, cmq lei dovrebbe avere sempre in ballo il progetto Iridio.

Sulle ondate continue di reunion (che stranamente vanno "per generi", un paio di anni di reunion thrash, un paio di death, un paio di black...) che periodicamente avvengono, pensi che al momento propizio potranno mai riformarsi i Beholder?

No, lo escludo purtroppo. A parte il fatto che nessuno di noi ha più lo straccio di un capello e quindi se salissimo sul palco oggi, saremmo passibili di insulti da parte del popolo metallaro (eh eh, è proprio così, abbiamo tutti tagliato le nostre chiome, chi prima, chi dopo…), cmq le strade musicali si sono divise da un pezzo e pur rimanendo una forte amicizia, il progetto Beholder rimarrà solo un gran bel ricordo da portare dentro di noi.

Potresti analizzarci la discografia dei Beholder raccontandoci un po'come sono nati i tre album, e qualche retroscena? Cosa, col senno del poi è andato bene e cosa oggi rivedresti.

Dunque, The Legend Begins è stato il nostro fresco esordio, sicuramente figlio di un songwriting ancora immaturo e forse legato ad alcuni clichè dell’epoca, però è un disco sincero che raccoglieva l’esperienza dei nostri demo e la buttava in pasto al mercato con un full lenght. Il retroscena migliore è quello di Enrico Paoli che da dietro il palco del Gods of Metal, nel 2001, ci disse “Ragazzi spaccate tutto” prima che salissimo per la nostra performance. Indimenticabile. Con “Wish for destruction”, consci dei nostri mezzi e volonterosi di dimostrare qualcosa, ci siamo spostati su un terreno più duro, con un disco pesante che ha spiazzato molto la critica (apprezzato tra l’altro in Inghilterra dove le nostre band faticano a farsi piacere). E qui l’aneddoto migliore è la serata di playstation fantastica con Mattia dei Labyrinth tra una notte e l’altra di registrazioni delle batterie (avevamo lui come session in quel disco). Eh eh abbiamo vinto il Mondiale quella sera! Per finire, “Lethal Injection” che personalmente è il disco in cui ho creduto di più, interamente composto da me in un agosto caldissimo a Milano, montato nelle strutture con Mario Giannini e arrangiato col resto della band. Un disco eclettico, ricco di variazioni, con testi differenti e non legati a un concept… tematiche legate ora a un libro, ora a un film… insomma un disco che rispecchiava in pieno quello che era il mio stile nel 2004. E qui di aneddoti ce ne sarebbero a bizzeffe visto il tour che ne è seguito di spalla ai Vision Divine. Uno su tutti: il Tower che si fracassa la testa con il portabagli dell’auto e rischia di far saltare la data di Lu Monferrato, che invece andò poi benissimo.

Sulla falsariga della domanda precedente, mi piacerebbe che tu ci raccontassi i momenti più belli e i più brutti della band, se ti va di condividerli, o qualche aneddoto divertente, e magari le tue impressioni sulla vostra apparizione al gods of metal del 2001 (io ero in prima fila, proprio davanti a te! ndr).

Allora, uno l’hai citato tu. Suonare al Gods per dei ragazzini al primo disco è stata un’esperienza incredibile per la quale non ho parole. Le impressioni furono tutte “amplificate”, abbiamo rilasciato una conferenza stampa, una signing session in cui ho firmato persino degli zaini, cose impensabili fino a qualche mese prima… insomma ci hanno buttato nella mischia ed è stato fantastico! Anche l’Agglutination al Sud ci ha fatto vivere una 3 giorni divertentissima nella quale direi che spicca l’aver fatto cantare “O mia bela madunina” a David De Feis in albergo dopo il festival. Che momento!
Per il resto, mi hai chiesto di citare qualche momento brutto e sicuramente nella parte finale della nostra mini-carriera le discussioni con la cantante costituirono un grande momento di crisi interna alla band. Ne avevamo superate tante, ma quello era un colpo abbastanza duro. Ci comportammo tutti in maniera sbagliata, ma si sa, nei gruppi sono cose che capitano. Oggi per fortuna ci ridiamo sopra.

I Beholder, come tante altre band vostre contemporanee, sono esplose nel momento culmine di un genere, il power-progressive "all'italiana", in cui vi era una scena fiorente che rapidamente si affollata sempre più fino a collassare su sè stessa, come avviene sempre; oggi la scena è profondamente differente, e a farla da padroni sono le fusioni tra i generi estremi, death-thrash, brutal e compagnia bella (a seconda dei punti di vista). Cosa ne pensi della scena attuale?

Come hai detto tu, il rischio e il limite di ogni “ondata”, di qualsiasi genere si tratti, è la ripetizione e lo sviluppo di standard, che portano inevitabilmente al collasso su se stessi (hai dato una definizione perfetta). Il power all’italiana (ma anche alla tedesca) ha subìto questa fine e così anche tanti altri generi, quando hanno raggiunto l’apice e da lì non hanno saputo reinventarsi. Noi nei nostro piccolo cercavamo di cambiare rotta, pur rimanendo fedeli a certi nostri stilemi, ad ogni disco. Credo che questo si senta molto soprattutto nel passaggio dal primo al secondo album. Della scena attuale non ho un’opinione ben precisa, anche perché recentemente ho sentito pochissimi dischi metal, mi è piaciuto forse solo Edguy e quindi non ho molto da dire in merito.

Ho vissuto con attenzione la vostra storia, sin dalla recensione del vostro demo sulle riviste, e poi via via ho seguito la vostra maturazione come band attraverso le interviste in cui ricordo che dicevate di aver abbandonato l'università per inseguire il sogno della musica, e credo che a conti fatti sia stata una bella avventura. Ora, da un punto di vista più maturo e disincantato, come vedi il music business e i meccanismi che lo regolano? Qual'è la tua opinione riguardo al file sharing? Che consigli ti andrebbe di dare alle band che decidessero di intraprendere una carriera come la tua, e cosa sconsiglieresti?

Da un punto di vista maturo, mi devo sentire di sconsigliare a chiunque l’heavy metal se il vostro obiettivo è fare della musica un lavoro (che era il “nostro obiettivo). Questo non significa rinunciare a una passione, e sappiamo bene quanto il metal sia una GRANDE passione per tutti coloro che lo seguono. Ma purtroppo siamo in Italia, e come mi sentirei di dire a un giovane narratore (come me) di lasciar perdere perché il mercato non dà spazio a giovani autori italiani, così anche riguardo al metal sono abbastanza categorico. Il file sharing lo considero sempre positivo finchè non se ne abusa, e apprezzo il tentativo di “inventarsi” un nuovo modo di vendere la musica da parte delle major, con i brani a pochi cent e gli I-tunes et similia. E’ cmq sempre giusto che la gente si ricordi che dietro a un disco c’è un lavoro enorme che attraversa varie fasi, tutte costose sia come impegno che come portafoglio. Non è dunque corretto che si fruisca solo ed esclusivamente in maniera gratuita di tale lavoro.
Ad ogni modo, a una band che volesse intraprendere una carriera in Italia consiglio sicuramente di fare le cose in maniera seria sin dall’inizio. Rapporti chiari all’interno del gruppo, mettete sempre nero su bianco gli accordi. Come ci disse anche Olaf Thorsen, ognuno in una band deve sapere bene che ruolo ha e lavorare al meglio per quel ruolo, senza sconfinare in altri ruoli per i quali probabilmente sono richieste diverse abilità. In ogni caso, cercate sempre di impostare il tutto come un lavoro, perché è vero che le band nascono tra amici nei garage, ma è anche vero che le GRANDI band hanno saputo dividere l’amicizia dal rapporto lavorativo e solo così sono andate avanti, arrivando al successo. E permettimi di chiudere l’angolo dei consigli con una chicca: se avete una ragazza e al sabato lei vuole uscire e voi avete le prove… evitate le discussioni. Le prove sono un LAVORO, importantissimo per una band. Il centro commerciale può aspettare!

Sempre nel comunicato stampa dici di volerti dedicare al ruolo di autore, specialmente di pezzi rock italiani, ne deduco che è una dimensione che ti è particolarmente vicina e che comunque già traspariva nelle influenze hard rock di alcuni pezzi come la bellissima "Bleeding Town" o nel tuo citare spesso Freddie Mercury come una delle tue principali influenze. Hai già scritto dei pezzi? Per chi?

Le influenze hard rock mi hanno sempre seguito, dai tempi in cui ascoltavo Queen e AC/DC o Tesla. Nel comunicato ho fatto riferimento a un repertorio che ho sempre curato “parallelamente” rispetto alla carriera della band. Ovvero il repertorio di brani leggeri italiani. Anche a livello rock avevo qualcosa e infatti ne è nato un progetto, che è quello di cui ti ho parlato prima, che stiamo arrangiando con un grosso produttore artistico. A livello italiano, per il momento non ho ancora “venduto” nessun pezzo a grossi artisti, tranne un singolo che ho dato a un cantante che verrà prodotto a breve e dovremmo sentirlo in radio. Il ragazzo si chiama Lucio, spero che presto ne sentirete parlare.

Bene, l'intervista volge al termine. Lascio a te le ultime parole, nella speranza di sentire di nuovo canzoni firmate da te, e magari se possibile anche eseguite, puoi lanciare un messaggio ai fan se vuoi. Ciao e grazie della disponibilità. A presto!

Mi preme ringraziarti di cuore perché fa sempre piacere vedere che l’interesse nei confronti della musica che uno scrive è sempre vivo, mi piace pensare che la musica sia sempre immortale e quindi una band che si scioglie in realtà è un controsenso. Tutte le band che sono nate, sono ancora vive nei nostri cuori, ascoltiamo i loro dischi come se fossero attuali. La musica viaggia su binari spazio temporali diversi rispetto alla vita reale.
Mi auguro anche io che possiate presto sentire questi nuovi progetti da me curati, e magari anche di vedermi recitare visto che al momento mi sto dedicando anche a questo e mi piace tantissimo! Un saluto a tutti i tuoi lettori e ai fan che non scorderemo mai.

Intervista di AtoragoN Articolo letto 925 volte.

 


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